Ortensio Zecchino. Perché non possiamo non dirci "cristiani"
Letture e dispute sul celebre saggio di Benedetto Croce
Il saggio di Croce comparve sulle pagine della Critica il 20 novembre 1942 e da allora non ha cessato di essere al centro di interesse e dibattiti. Afflitto dallo spettacolo delle atrocità della guerra nella sua Napoli ma, più in generale, angosciato dalle sorti della nostra civiltà, Croce volle affidare al saggio questi suoi sentimenti, con l’intento di suonare un allarme e risvegliare nelle coscienze il senso del dovere di non essere passivamente acquiescenti. Ma il saggio, bollato dalla stampa fascista e comunista, volle essere anche un appello, sia pur velato, a tutte le forze sinceramente amanti della libertà, in vista dello sperato ritorno alla vita democratica. Dalle note del Diario di Croce si comprende anche il tormento nella ricerca di un titolo adeguato, passato dalla prima formulazione in termini interrogativi, alla seconda in termini affermativi, alla definitiva, in cui affermarci diventa dirci, ma soprattutto si appongono le virgolette a “cristiani”, per render chiaro, fin dal titolo, che il termine veniva assunto in un senso particolare, diverso da quello connotante formali appartenenze confessionali. Il saggio si rivelerà espressione altissima e sofferta, a un tempo, della passione civile dell’autore, della incompiutezza d’ogni sistema filosofico e dell’insondabilità dei tanti misteri che avvolgono l’uomo.
Non si può vivere senza religione dice Croce, sarebbe preferibile una religione filosofica, ma comunque meglio una religione rivelata che nessuna religione.
Croce lancia questo appello alle forze amanti della libertà e qualche tempo dopo incontrando Montini, allora Pro-segretario di Stato, propose espressamente questa alleanza tra liberali e cattolici, ritenendo che nonostante le differenze, rispetto alla catastrofe del mondo, schiacciato tra nazifascismo e comunismo, questa grande alleanza fosse necessaria.
Venti anni prima del saggio crociano, Luigi Sturzo aveva scritto l'Appello ai liberi e forti in cui, senza citare mai il cattolicesimo, parlava dell’unità delle genti cristiane, per provare a costruire, già nel 1919, una grande alleanza di tutti gli uomini liberi e forti legati dalla coscienza del senso e del valore della civiltà cristiana e non è un caso che tra Croce e Sturzo ci fosse una grandissima stima reciproca e una forte affinità su questi temi.Oggi viviamo in una condizione in cui il mondo si ritrova di nuovo sull’orlo dell’abisso, con le guerre, che pensavamo lontane, ma anche con scenari che, se non si ritrova una ragione spirituale, rischiano di annullare il senso stesso dell’umanità.
Credo chequesto messaggio crociano possa dire molto anche all’uomo di oggi, travagliato e sull’abisso dell’annullamento della sua stessa umanità: il ricercare le radici profonde del nostro essere e della nostra civiltà forse può essere l’antidoto principale a questo scivolamento in una condizione di materialismo edonistico oggi dominante.
Ortensio Zecchino, storico del diritto, ha insegnato nelle Università Carlo Bo di Urbino, Federico II di Napoli, Lumsa di Roma, Suor Orsola Benincasa di Napoli. Ha presieduto il Comitato direttivo dell’Enciclopedia Treccani Federico II. Presiede il Centro Europeo di Studi Normanni. Ultime sue opere: Gregorio contro Federico. Il conflitto per dettar legge (Salerno 2018, tradotto in francese e spagnolo), L’eterno conflitto tra i ‘signori’ del diritto (Editoriale scientifica, 2020), Storie di manoscritti, libri e biblioteche (Rubbettino 2021), e La Costituzione di Ruggero II (Rubbettino 2023). È stato consigliere regionale, parlamentare europeo, senatore della Repubblica – presidente delle commissioni Affari Europei, Cultura, Giustizia – Ministro dell’Università e Ricerca in tre Governi. Ha cofondato e presiede Biogem, Istituto di ricerche genetiche. Esposizioni di sue foto a Roma, Mantova, Napoli, Venezia, Vittoriale degli Italiani, San Pietroburgo.