Eraldo Affinati legge A Silvia di Leopardi

Una memorabile interrogazione alla natura

Eraldo Affinati legge A Silvia, la poesia che Giacomo Leopardi compone tra il 19 e il 20 aprile del 1828 in memoria di Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di casa Leopardi a Recanati, morta di tisi nel fiore della giovinezza. "Una semplicità solo apparente - spiega Affinati -, costata al poeta molte stesure. Il verbo rimembrare ci ricorda che, se il tempo ci illude, siamo noi che dobbiamo reinventare il passato". Le prime due strofe della poesia:

Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?

Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.


Giacomo Leopardi nasce il 29 giugno 1798 a Recanati, primo dei dieci figli del conte Monaldo e della marchesa Adelaide Antici. Cresce nella ricchissima biblioteca paterna, studiando e scrivendo sin da ragazzo opere erudite (Storia dell’astronomia, 1813; Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, 1815). Nel 1822 è a Roma; poi a Milano, a Bologna, a Firenze e a Pisa; infine a Napoli. Compone idilli e canzoni (tra cui: All’Italia, 1818; Ad Angelo Mai, 1920; La sera del dì di festa, 1820; A Silvia, 1828; Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, 1829; La ginestra, 1836). In prosa: le Operette morali (1827), lo Zibaldone, steso tra il 1827 e il 1832, e i Pensieri, incompiuti e postumi. Muore a Napoli il 14 giugno 1837.