Andrea Zanzotto, la poesia mia difesa

Con Giorgio Albertazzi e un gruppo di studenti

In questo filmato l’attore Giorgio Albertazzi, insieme a un gruppo di ragazzi, intesse con Andrea Zanzotto un dialogo incentrato sul rapporto tra poesia e realtà. La poesia Sì, ancora la neve!, tratta dalla raccolta La Beltà (1968), costituisce uno degli esiti più maturi di una poetica basata sull’innovazione lessicale, sullo scardinamento del linguaggio, un linguaggio in cui il poeta letteralmente si “inabissa”. A tale sperimentalismo è sottesa l’idea della poesia come atto di verità. La sua valenza conoscitiva tuttavia non si risolve in un risultato, in un approdo, ma consiste piuttosto in una ricerca perenne di senso. La poesia di Zanzotto è precipuamente “resistenza alla perdita di senso” dell’uomo e del mondo, tensione verso un significato che si dà in modo intermittente e solo nel linguaggio poetico, la cui capacità di significazione è comunque sempre messa in discussione. Questo tentativo di afferrare un mondo, una realtà recalcitrante, che sempre sfugge, è accompagnato dalla consapevolezza profonda dell’accidentalità dell’uomo. Il richiamo alla neve è dunque il richiamo a qualcosa di imperituro: la neve è sempre la stessa di cento milioni di anni fa, nonostante la corruzione consumistica attuale. Le ultime riflessioni che emergono in questo filmato sono dedicate alla vocazione rivoluzionaria della poesia e al rapporto tra quest’ultima e gli sviluppi tecnologici che hanno segnato la più recente storia dell’uomo. Zanzotto auspica una tecnologia pulita ed elegante, in accordo con la natura, una tecnologia che sia “poeticamente programmata”. Da Sì, ancora la neve:

Che sarà della neve
che sarà di noi?
Una curva sul ghiaccio
e poi e poi... ma i pini, i pini
tutti uscenti alla neve, e fin l'ultima età
circondata da pini. Sic et simpliciter?
E perché si è - il mondo pinoso il mondo nevoso -
perché si è fatto bambucci-ucci, odore di cristianucci,
perché si è fatto noi, roba per noi?
E questo valere in persona ed ex-persona
un solo possibile ed ex-possibile?
Hölderlin: "siamo un segno senza significato":
ma dove le due serie entrano in contatto?
Ma è vero? E che sarà di noi?
E tu perché, perché tu?
E perché e che fanno i grandi oggetti
e tutte le cose-cause
e il radiante e il radioso?
Il nucleo stellare
là in fondo alla curva di ghiaccio,
versi inventive calligrammi ricchezze, sì,
ma che sarà della neve dei pini
di quello che non sta e sta là, in fondo?

Andrea Zanzotto nasce  a Pieve di Soligo nel 1921. Partecipa alla Resistenza nella file di Giustizia e Libertà, occupandosi del settore stampa e propaganda. A guerra finita emigra in Svizzera e in Francia per un anno, rientrando alla fine del 1947 e ripartendo dalla scuola, dove ha iniziato l'insegnamento poco prima della guerra. Per la sua produzione artistica, cominciata in giovane età, è decisiva la partecipazione, nel 1950, al premio San Babila. La giuria, composta dai più grandi poeti italiani dell'epoca (Ungaretti, Montale, Quasimodo, Sinisgalli e Sereni), gli attribuisce il primo premio per una serie di scritti poetici che saranno pubblicati un anno dopo con il titolo Dietro il paesaggio. L'esperienza partigiana e l'attaccamento al suo territorio ed al suo passato ne segnano l'opera, tornando attraverso i temi sociali, politici e ambientali.