Arcipelago gulag di Alesksandr Solzhenicyn

L'esperienza nei campi di concentramento

Nelle parole di Stepan Solzhenicyn rivive la figura del padre, lo scrittore e drammaturgo Alesksandr Isaeviè Solzhenicyn, che con la sua opera ha portato a conoscenza le atrocità dei gulag, i campi di lavoro sovietici, dove lui stesso trascorse parte della sua vita dopo la condanna a 8 anni di prigionia per aver criticato Stalin in una lettera privata ad un amico. Negli anni di gulag, non potendo scrivere, Aleksandr compose centinaia di versi imparandoli a memoria e recitandoli con l'aiuto di un rosario fatto da alcuni prigionieri lituani con cento piccoli grani di pane ammollato e strizzato.
 

L'anno millenovecentoquarantanove ci capitò sotto gli occhi, a me e alcuni amici, una curiosa nota nella rivista «Natura» dell'Accademia delle Scienze. Vi si diceva, in minuti caratteri, che in riva al fiume Kolyma, durante gli scavi, era stato trovato uno strato sotterraneo di ghiaccio, antico torrente gelato, e racchiusi in esso esemplari pure congelati di fauna fossile (di qualche decina di millenni fa). Fossero pesci o tritoni si erano conservati tanto freschi, comunicava il dotto corrispondente, che i presenti, spaccato il ghiaccio, li mangiarono sul posto, VOLENTIERI.

Incipit di Arcipelago Gulag di Alesksandr Solzhenicyn


È così che nacque Arcipelago Gulag, una fra le più lucide e complete denunce dell'universo concentrazionario. Oltre alla propria esperienza personale, Solzhenicyn raccolse le testimonianze di altri 227 ex-prigionieri e condusse alcune ricerche sulla storia del sistema penale sovietico. Il saggio di inchiesta narrativa descrive nei dettagli la vita nei campi di lavoro, gli interrogatori, il trasporto dei prigionieri, le coltivazioni nei campi, le rivolte dei prigionieri e la pratica dell'esilio interno. Parole che Solzenicyn  si portava dentro, imparate a memoria, o che scriveva fitte su minuscoli pezzi di carta.