D'Annunzio e Mussolini, carissimi nemici

La ricostruzione del professor Francesco Perfetti

Il poeta immaginifico e il politico realista: Gabriele D'Annunzio e Benito Mussolini sono due personaggi molto diversi tra loro, che però trovano un terreno d'incontro nel comune interventismo in occasione del Primo conflitto mondiale, poi in talune rivendicazioni del Dopoguerra contro la "vittoria mutilata", nonchè nel forte dinamismo politico. D'altro canto il forte ego di entrambi e le notevoli differenze di formazione tra i due portano anche a momenti di crisi e freddezza che si alternano a quelli di collaborazione. Il professor Francesco Perfetti ci aiuta a ricostruire il complesso rapporto tra queste due figure centrali dell'Italia di quegli anni.

L'interventismo, la guerra, la vittoria, la rivendicazione della vittoria mutilata e il futuro da assicurare la nuova Italia, reappresentano il terreno di coltura di un rapporto tra due personaggi diversi tra di loro, diversissimi per formazione politica e per tradizione culturale, che domineranno la scena dei decenni a venire: il poeta immaginifico Gabriele D'Annunzio e il politico realista Benito Mussolini - Francesco Perfetti

Gabriele D'Annunzio nasce a Pescara nel 1863 e muore a Gardone Riviera nel 1938. Esordisce con Primo vere (1879), una raccolta di poesie pubblicata a spese del padre. Trasferitosi a Roma nel 1881 per gli studi universitari che non porta a termine, viene accolto negli ambienti giornalistici e letterari e comincia a collaborare alla Cronaca bizantina, la rivista di Sommaruga, con cui stampa Canto novo e le novelle di Terra vergine. Sposa Maria Hardouin di Gallese (da cui ha i figli Mario, Gabriellino e Veniero) e trova impiego come redattore della Tribuna. Pubblica le raccolte di novelle Il libro delle vergini (1884) e San Pantaleone (1886). All’amore per Elvira Fraternali Leoni s’ispira il romanzo Il piacere, pubblicato nel 1889 da Treves. Si sposta a Napoli (1891), dove intreccia una relazione con la nobildonna siciliana Maria Gravina Cruyllas, dalla quale nascono i figli Renata e Gabriele Dante. A Napoli collabora al Mattino, si interessa alle opere di Nietzsche e Wagner, e pubblica a puntate (1891-92) il romanzo L'innocente. L'influenza di Nietzsche si fa sentire nel Trionfo della morte (1894), e all'insegna del superomismo si svolge la sua successiva produzione, a partire da Le vergini delle rocce (1896). Nel 1895 D'Annunzio partecipa a una crociera in Grecia, che trasfigura nel primo libro delle Laudi. Comincia a scrivere per il teatro, incoraggiato da Eleonora Duse, con la quale intreccia una relazione (e per la quale scrive poi Sogno d'un mattino di primavera, 1897, La Gioconda, 1899, e La gloria, 1899). Nel 1897 viene eletto deputato nel collegio di Ortona a Mare; sconfitto alle successive consultazioni elettorali, si dedica a tempo pieno alla letteratura. Compone il romanzo Il fuoco (1900); la tragedia Francesca da Rimini (1902); i primi tre libri delle Laudi: Maia (1903), Elettra e Alcyone (1904); la tragedia pastorale La figlia di Iorio (1904). Chiusa la relazione con la Duse, continua a scrivere per il  teatro con La fiaccola sotto il moggio, 1905; Più che l'amore, 1907; La nave, 1908; Fedra, 1909, e dà alle stampe l'ultimo grande romanzo Forse che sì forse che no (1910). Nel 1910, per sfuggire ai creditori, va in Francia, e scrive in francese antico Le martyre de saint Sébastien (1911), musicato da C. Debussy, e La Pisanelle ou La mort parfumée (1913). Lavora anche per il cinema, contribuendo al successo del film Cabiria (1914) di Piero Fosco. Nel 1915, invitato a Quarto per inaugurare il monumento ai Mille, rientra in Italia e avvia una campagna interventista. Dopo la dichiarazione di guerra, si arruola come volontario e si distingue in una serie di imprese militari, come la Beffa di Buccari e il volo su Vienna. Gravemente ferito in un incidente in aereo, perde un occhio. Dopo la fine della guerra si fa portavoce dell’indignazione dei reduci per la “vittoria mutilata” e guida la "marcia di Ronchi" e l'occupazione di Fiume, che tiene in qualità di Reggente, dal settembre 1919 al dicembre 1920, quando viene costretto militarmente a rinunciare alla sua impresa. Ritiratosi nella villa Cargnacco, in quello che poi chiama il "Vittoriale degli Italiani", sul Lago di Garda, viene colto alla sprovvista dal colpo di mano di Mussolini, con cui negli anni avrà un rapporto difficile, pur diventando, nel 1937, presidente dell'Accademia d'Italia. Muore nel 1938.