Eugenio Montale: parto sempre dal vero

Un ritratto di Guido Davico Bonino con letture

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        Guido Davico Bonino analizza la vita e le opere di Eugenio Montale (Genova 1896 - Milano 1981). Dopo l'infanzia in Liguria, il giovane poeta è nella Torino di Gobetti, poi a Firenze, dove dirige il Gabinetto Vieusseux, in seguito lavora come redattore al Corriere della sera. Nel 1967 è nominato senatore, nel 1975 riceve il Nobel.  Muore nel 1981. Le sei raccolte di Montale sono: Ossi di seppia (1925), Le occasioni (1939), La bufera ed altro (1956), Satura (1971), Diario del ‘71 e del '72 (1974), Quaderno di quattro anni (1977). Esse contengono una poesia che, partendo dal vero, aspira ad essere prosa, senza però mai diventarlo, per la sua connaturata tensione alla musicalità. Dal punto di vista del contenuto, Davico Bonino sottolinea la difesa, propria del poeta, del valore insopprimibile dell'esistenza, espresso dal paesaggio ligure, le donne amate e protettrici, temi a cui si accompagna la convinzione che lo stoicismo morale sia la sola ricetta contro un destino negativo a tutti i livelli, anche politico e civile. L'attore Luciano Virgilio legge, da Ossi di seppia: "Falsetto", "Meriggiare pallido e assorto", "Valmorbia, discorrevamo il tuo fondo" e "Cigola la carrucola nel pozzo". Da Le occasioni: "Dora Markus", "La casa dei doganieri". Da La bufera e altro: "L'anguilla".

        Esterina, i vent’anni ti minacciano,
        grigiorosea nube
        che a poco a poco in sé ti chiude.
        Ciò intendi e non paventi.
        Sommersa ti vedremo
        nella fumea che il vento
        lacera o addensa, violento.
        Poi dal fiotto di cenere uscirai
        adusta più che mai,
        proteso a un’avventura più lontana 
        l’intento viso che assembra
        l’arciera Diana.
        Salgono i venti autunni,
        t’avviluppano andate primavere;
        ecco per te rintocca
        un presagio nell’elisie sfere. 
        Un suono non ti renda
        qual d’incrinata brocca
        percossa!; io prego sia
        per te concerto ineffabile
        di sonagliere.
        La dubbia dimane non t’impaura.
        Leggiadra ti distendi 
        sullo scoglio lucente di sale 
        e al sole bruci le membra.
        Ricordi la lucertola
        ferma sul masso brullo;
        te insidia giovinezza,
        quella il lacciòlo d’erba del fanciullo.
        L’acqua’ è la forza che ti tempra, 
        nell’acqua ti ritrovi e ti rinnovi: 
        noi ti pensiamo come un’alga, un ciottolo
        come un’equorea creatura
        che la salsedine non intacca
        ma torna al lito più pura.
        Hai ben ragione tu!
        Non turbare
        di ubbie il sorridente presente.
        La tua gaiezza impegna già il futuro
        ed un crollar di spalle
        dirocca i fortilizî
        del tuo domani oscuro.
        T’alzi e t’avanzi sul ponticello
        esiguo, sopra il gorgo che stride:
        il tuo profilo s’incide
        contro uno sfondo di perla.
        Esiti a sommo del tremulo asse,
        poi ridi, e come spiccata da un vento
        t’abbatti fra le braccia
        del tuo divino amico che t’afferra. 
        Ti guardiamo noi, della razza 
        di chi rimane a terra

        Eugenio Montale (Genova, 1896 – Milano, 1981) è stato uno dei più importanti poeti italiani del Novecento, insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1975. Dopo l'infanzia in Liguria, il giovane poeta è nella Torino di Gobetti, poi a Firenze, dove dirige il Gabinetto Vieusseux, in seguito lavora come redattore al Corriere della sera. Nel '67 è nominato senatore, nel '75 riceve il Premio Nobel. Muore nel 1981. Le sei raccolte di Montale sono: Ossi di seppia (1925), Le occasioni (1939), La bufera ed altro (1956), Satura (1971), Diario del '71 e del '72 (1974), Quaderno di quattro anni (1977), e contengono una poesia che, partendo dal vero, aspira ad essere prosa, senza però mai diventarlo, per la sua connaturata tensione alla musicalità. Dal punto di vista del contenuto, emerge in Montale il valore insopprimibile dell'esistenza, espresso dal paesaggio ligure, così come le figure di donne amate e protettrici, temi a cui si accompagna la convinzione che lo "stoicismo morale" sia la sola ricetta contro un destino negativo a tutti i livelli, anche politico e civile.

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