Giovanni Verga e la Sicilia di Rosso Malpelo

La vita contadina del latifondo siciliano

Un commento critico sullo stile di Giovanni Verga sulla scorta di fotografie e ritagli di giornale, introduce alla trasposizione televisiva della novella Rosso malpelo. È la storia di un ragazzo, già considerato un "birbante", che si incattivisce dopo la morte del padre, avvenuta lavorando nelle cave. L’ambientazione in Sicilia, il linguaggio icastico e potente, l’attenzione per il "mondo dei vinti" iscrivono il racconto nell'orizzonte letterario comune a tutte le opere del grande romanziere. Il racconto Rosso Malpelo venne pubblicato per la prima volta nel 1878 per poi entrare a far parte di Vita dei campi (1880). Fa parte del gruppo di novelle scritte da Verga fra il 1878 e il 1880, tutte accomunate da personaggi derivanti dal mondo rurale siciliano dominato dal latifondo.

Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone. Sicché tutti alla cava della rena rossa lo chiamavano Malpelo, e persino sua madre, col sentirgli dir sempre a quel modo aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo. Del resto, ella lo vedeva soltanto il sabato sera, quando tornava a casa con quei pochi soldi della settimana; e siccome era malpelo c’era anche a temere che ne sottraesse un paio, di quei soldi: nel dubbio, per non sbagliare, la sorella maggiore gli faceva la ricevuta a scapaccioni. Però il padrone della cava aveva confermato che i soldi eran tanti e non più; e in coscienza erano anche troppi per Malpelo, un monellaccio che nessuno avrebbe voluto vederselo davanti, e tutti schivavano come un can rognoso, e lo accarezzavano coi piedi , allorché se lo trovavano a tiro. Egli era davvero un brutto ceffo, torvo, ringhioso, e selvatico.


Giovanni Verga nasce a Vizzini il 2 settembre 1840 e muore a Catania il 27 gennaio 1922. È il maggior esponente del verismo, movimento letterario che ha come scopo l’imparzialità e l’obiettività della narrazione. Verga si colloca nella tradizione naturalistica tipica della letteratura francese dell’epoca, facendosi propugnatore della necessità, per l’autore, di porsi in una prospettiva esterna nei confronti della storia, per “studiarla senza passione”, senza farsi mai giudice degli avvenimenti narrati. Tra le sue opere: Storia di una capinera (1871), le novelle di Vita dei campi (1880), I Malavoglia, Mastro Don Gesualdo (1889).