Guido Cavalcanti, l'amore e l'esilio

Un ritratto di Guido Davico Bonino

Al centro dell'opera di Guido Cavalcanti c'è l'esperienza politica e personale dell'esilio. Dai 52 componimenti (34 sonetti, 11 ballate, 2 canzoni, 2 stanze, 1 mottetto) attribuiti al poeta fiorentino emergono, da un lato, la visione drammatica dell'amore, dall'altro, la tenera malinconia per la lontananza forzata dalla Toscana. Giancarlo Dettori legge diverse poesie tra cui: "Avete in voi il fior e la verdura", "In un boschetto trovai pastorella", "Una giovane donna di Tolosa", "Perch'io no spero di tornar giammai".

Veder poteste, quando v'inscontrai,
quel pauroso spirito d'amore
lo qual sòl apparir quand'om si more, 
e 'n altra guisa non si vede mai.
Elli mi fu sì presso, ch'i' pensai
ch'ell' uccidesse lo dolente core:
allor si mise nel morto colore 
l'anima trista per voler trar guai;
ma po' sostenne, quando vide uscire
degli occhi vostri un lume di merzede,
che porse dentr' al cor nova dolcezza;
e quel sottile spirito che vede
soccorse gli altri, che credean morire, 
gravati d'angosciosa debolezza.

Guido Cavalcanti nasce a Firenze intorno al 1259. Appartiene a una delle famiglie più ricche e potenti di Firenze; è guelfo di parte bianca, ricopre cariche pubbliche e partecipa agli scontri tra Bianchi e Neri. Amico di Dante Alighieri, nel 1300 viene esiliato a Sarzana dove si ammala. Muore nel 1300, poco dopo il suo ritorno a Firenze.