Italo Calvino e il rimorso di non aver fermato Pavese

Il ricordo di Guido Davico Bonino

Ebbi occasione di parlare di Pavese con Calvino una sola volta. Mi disse: io ho addosso ancora il rimorso pieno di non aver fatto quello che avrei dovuto per impedirgli di fare la scelta finale. C'era un affetto fortissimo di Pavese per Calvino. E schiettissimo. Perché era la sua scoperta, canonizzata con la sua storica recensione: "oggi è nato uno scoiattolo della penna". Tutto quello che Italo scriveva lo faceva leggere a Pavese.


Così il critico letterario Guido Davico Bonino ricorda un colloquio avuto con Italo Calvino sullo scrittore che si tolse la vita il 27 agosto 1950, nei giardini della Stazione di Porta Nuova, preda di un profondo disagio estenziale che in parte si trova riflesso nella raccolta di versi  Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (pubblicata postuma nel 1951).

Italo Calvino nasce a Santiago de Las Vegas de La Habana il 15 ottobre 1923, figlio di due scienziati (il padre è agronomo, la madre biologa). Si trasferisce in Italia con la famiglia e frequenta le scuole a Sanremo. Terminato il liceo si iscrive ad Agraria, ma interrompe l'Università per evitare l'arruolamento forzato e dopo l'8 settembre si unisce alle brigate partigiane nella Brigata Garibaldi. Nel 1944 entra nel Pci e alla fine della guerra ne diventa militante attivo. Si laurea alla facoltà di lettere di Torino e nel frattempo inizia a collaborare a riviste (tra cui il Politecnico di Vittorini) e quotidiani. Entra a lavorare all'Einaudi e nel 1950 viene assunto definitivamente come redattore. Iniziano i questi anni le prime uscite dei suoi romanzi, tutti accolti con grande stima dalla critica internazionale. Nel 1964 sposa all'Avana Esther Judith Singer e l'anno successivo nasce la figlia Giovanna. Nel 1966 si trasferisce a Parigi con la famiglia. Inizia a collaborare con il Corriere della Sera, quindi con La Repubblica su cui scrive fino al 1984.  Nel 1980 una raccolta dei suoi saggi viene pubblicata con il titolo di Una Pietra Sopra e nello stesso anno si trasferisce a Roma. Nel 1983 pubblica Palomar, una serie di racconti ricchi di “disillusa amarezza” e l’anno dopo presso Garzanti, pubblica Collezione di Sabbia. Nel 1985 invitato a tenere una serie di lezioni a Cambridge alla Haward University, prepara le Lezioni Americane che verranno pubblicate postume nel 1988. Colpito il 6 settembre da ictus, muore a Castiglione di Pescaia nella notte fra il 18 e il 19. Tra i suoi libri più letti: Il visconte dimezzatoIl barone rampanteIl cavaliere inesistenteLe città invisibiliSe una notte d'inverno un viaggiatore.

Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, 1908 – Torino, 1950), è stato poeta, scrittore, saggista, traduttore e critico letterario, fu senz'altro uno dei più importanti autori e intellettuali della storia della letteratura italiana. Pavese era nato il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, un paesino delle Langhe in provincia di Cuneo. Ben presto la famiglia si trasferisce a Torino ma le colline del suo paese rimarranno per sempre impresse nella sua anima, assieme al ricordo del padre, che muore molto presto. Negli anni del liceo Pavese è assai riluttante ad impegnarsi attivamente nella lotta politica, verso la quale non nutre grande interesse, anche perché tende a fondere sempre il motivo politico con quello più propriamente letterario. A ventidue anni si laurea con una tesi su Walt Whitman e comincia a lavorare alla rivista La cultura, mentre si intensifica la sua attività di traduttore. La morte della madre avvenuta nel 1931 lo scuote e lo segna profondamente. Nel 1933 Pavese partecipa alla nascita della casa editrice Einaudi, grazie all’amicizia che lo lega a Giulio. Nel 1935 la relazione con una donna impegnata nella lotta al fascismo – “la donna dalla voce rauca”, come chiamava l’amore entrato nella sua vita dagli ultimi anni degli studi universitari – gli costerà l’accusa di sospetto antifascismo e la condanna al confino. Al suo rientro, nel 1936, la donna ha già sposato un altro. La delusione lo sprofonda in una crisi tale da indurlo a meditare il suicidio. Finita la guerra, Pavese si iscrive al partito comunista, ma il suo impegno è prevalentemente letterario: scrive articoli di ispirazione etico-civile, riprende il lavoro per la Einaudi, elabora quella teologia del mito che prenderà corpo nei Dialoghi con Leucò. Intanto, a Roma, conosce l’attrice Constance Bowling, che rinnoverà in lui prima il sentimento dell’amore, poi il dolore dell’abbandono. Pavese scrive Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Alla delusione d’amore, alle crisi politiche e religiose che riprendono a sconvolgerlo, alla nuova ondata di solitudine e di senso di vuoto non riesce più a reagire. Logorato, stanco, ma in fondo perfettamente lucido, si toglie la vita in una camera dell’albergo Roma di Torino ingoiando una forte dose di barbiturici. Solo un’annotazione, sulla prima pagina dei Dialoghi con Leucò, sul comodino della stanza: “Perdono a tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”.