Il percorso di conoscenza di Pinocchio

Alessandro Zaccuri, Emma Dante, David Riondino, Rossana Dedola

Intervista alla drammaturga e regista Emma Dante e al critico letterario Alessandro Zaccuri a proposito del percorso di conoscenza all'interno del capolavoro di Carlo Collodi: Le avventure di Pinocchio.

Emma Dante:

Ho sempre letto il momento della creazione di Pinocchio dalle mani di Geppetto come un momento di nascita prima spirituale e poi carnale.  Il pezzo di legno che si ritrova in mano Geppetto è sicuramente, ancora prima di diventare Pinocchio, già una proiezione del suo desiderio fortissimo di avere un figlio.  Per cui questo pezzo di legno, in realtà, nel momento in cui lui lo lavora, già lo vede umano. La prima cosa che fa questo pezzo di legno è scappare. Nel momento in cui lui riesce a costruirgli i piedi questo pezzo di legno scappa e comincia la sua fuga, che poi  è l’inizio del percorso di conoscenza di questa creatura. La necessità del suo movimento è data dal fatto che, muovendosi, lui scopre il mondo e sbaglia. Gli sbagli che lui commette sono tra l’altro degli sbagli molto diversi tra di loro, perché lo sbaglio in generale non significa niente. Reiterare lo sbaglio significa anche un po’ cadere nelle trappole della conoscenza.  Lui sbaglia, ma continua a sbagliare perché è importante, necessario per lui in questo sbaglio riconoscere in qualche modo una verità, cioè lui è alla ricerca della verità. E la verità si trova quasi sempre negli errori. Il percorso di Pinocchio è un percorso di conoscenza, di definizione della sua identità. Nel momento in cui si racconta la sua storia, lui è un ibrido. Finché non si sviluppa e diventa un bambino, in questa storia in cui si racconta di lui la cosa interessante è proprio questa sua indefinizione.  Nel momento in cui lui si trasforma in un bambino continua il suo percorso di crescita, di trasformazione. Per cui, il fatto di essere in carne ed ossa non significa che lui sia finito.

Alessandro Zaccuri

Pinocchio è un grande romanzo dell’educazione, un grande romanzo in cui il bambino prende consapevolezza del suo posto nel mondo, prende consapevolezza del rapporto con gli adulti e prende consapevolezza che lui questo mondo lo deve attraversare, sì, con la spregiudicatezza della fantasia, ma anche con la concretezza del proprio corpo. Per diventare se stesso, per liberarsi del legno e mettersi in dosso la carne, Pinocchio deve passare per l’esperienza della morte, della spoliazione, della perdita completa di sé. Lo fa attraverso la scena dell’impiccagione alla quercia grande. Pinocchio si impicca, e a quanto pare muore alla quercia grande. Collodi aveva trovato un finale che era questo dell’impiccagione, ma Pinocchio non ne vuol sapere, non vuole stare fermo, deve andare avanti. Questo è un po’ il segreto del libro che agisce per conto suo. Pinocchio vive la prima esperienza di resurrezione che c’è nel libro. La seconda è quella definitiva: sarà quando il corpo del burattino sarà abbandonato per vestire il corpo del ragazzino per bene, il corpo di carne. Questo meccanismo della duplicazione, cioè ripetere due volte la stessa storia facendo in modo che la prima anticipi la seconda, in realtà è un principio antichissimo, il principio della figura, che è quello che lega i personaggi dell’Antico Testamento a quelli del Nuovo Testamento. Il momento della morte, del passaggio, della perdita di sé, potremmo dire che è la svolta del libro, il finale mancato. È il momento in cui Pinocchio inizia a incamminarsi verso la nuova vita che sarà fatta di nuovi errori, ma che in qualche modo è indirizzata a quello che è un lieto fine. Il paese dei balocchi è un’invenzione sorprendente di Collodi. Collodi ci racconta il mondo che diventa uno spettacolo. Ci sta raccontando esattamente il nostro mondo. La vetrinizzazione della realtà. Tutto diventa non luogo. Tutto diventa parco dei divertimenti. Tutto diventa una parte dalla quale si è condannati a non uscire mai. Una ruota panoramica che non ci lascia mai riposare il piede per terra. Divertirsi significa cambiare direzione. Ma questo divertimento continuo è cambiare direzione da se stesso, perdersi. Non riconoscersi più e diventare una qualche forma di animale non più sociale ma animale punto e basta. È quello che succede a Pinocchio. Se facciamo un paragone tra il paese dei balocchi e i tanti paesi dei balocchi che la post-modernità ha costruito in giro per il mondo - ma ci ha anche portato in casa - con l’idea che il divertimento è l’unica cosa a cui non possiamo rinunciare, abbiamo tanto da imparare


La prima puntata delle Avventure di Pinocchio, Storia di un burattino di Carlo Collodi viene pubblicata sul Giornale per i bambini, fondato dallo stampatore Ferdinando Martini, il 7 luglio 1881. Esce in volume nel febbraio 1883. La sua storia ha fornito lo spunto a innumerevoli interpretazioni e ha stimolato la fantasia di scrittori come Giorgio Manganelli, di autori di teatro come Carmelo Bene e di cinema (tra le riduzioni più famose quella a cartoni animati di Walt Disney del 1940 e il molto più riuscito e fedele film per la televisione di Luigi Comencini del 1972). Ultimo arrivato in ordine di tempo il Pinocchio di Matteo Garrone (2019).

Carlo Collodi è lo pseudonimo di Carlo Lorenzini. Nasce il 24 novembre 1826 a Firenze, figlio di Domenico Lorenzini, cuoco dei conti Ginori, e di Angiolina Orzali, figlia maggiore del fattore dei Conti Garzoni. Trascorre vari anni a Collodi, presso la famiglia materna. Frequenta scuole religiose a Colle Val d’Elsa, e successivamente a Firenze presso gli Scolopi. A vent’anni scrive i cataloghi commentati di una prestigiosa libreria fiorentina, per poi iniziare a pubblicare (1847) su L’Italia Musicale. Fonda e dirige numerosi giornali, tra cui Il Lampione, chiuso dalla censura dopo i moti del 1848. Collodi s’impegna per l’Unità d’Italia come volontario nel 1848 e nel 1860. Intanto si dedica alla scrittura di drammi e racconti. Nel 1856 usa per la prima volta lo pseudonimo di Collodi, con cui firma tutti i suoi libri per bambini e per le scuole. Il suo primo libro per bambini viene pubblicato nel 1876: I racconti delle fate, traduzioni di fiabe letterarie francesi (da autori come Perrault, Madame Leprince de Beaumont, Madame D’Aulnoy). Segue una serie di libri per uso scolastico (1877-1890) con protagonisti Giannettino e Minuzzolo, nei quali le avventure dei personaggi servono a introdurre le nozioni da imparare. Muore improvvisamente a Firenze il 26 ottobre 1890. È sepolto nella tomba di famiglia al il cimitero monumentale fiorentino di San Miniato al Monte.