Umberto Saba: Trieste era molte cose

Mario Petrucciani ricostruisce il rapporto tra il poeta e la sua città

Sulla scorta della lettura di testi e di riprese nella città del poeta, l’italianista Mario Petrucciani ricostruisce, tra vita e poesia, il rapporto di Umberto Saba  con la sua Trieste. Una città che, scrive Saba, è “inferno e paradiso”, paragonabile a New York per il suo amalgama di etnie. L’attore Raoul Grassilli legge i versi di Umberto Saba dedicati ai caratteristici caffè triestini. Da La serena disperazione 1913-1915:

Caffè Tergeste, ai tuoi tavoli bianchi
ripete l'ubbriaco il suo delirio;
ed io ci scrivo i miei più allegri canti.
Caffè di ladri, di baldracche covo,
io soffersi ai tuoi tavoli il martirio,
lo soffersi a formarmi un cuore nuovo.
Pensavo: Quando bene avrò goduto
la morte, il nulla che in lei mi predico,
che mi ripagherà d'esser vissuto?
Di vantarmi magnanimo non oso;
ma, se il nascere è un fallo, io al mio nemico
sarei, per maggior colpa, più pietoso.
Caffè di plebe, dove un dì celavo
la mia faccia, con gioia oggi ti guardo.
E tu concili l'italo e lo slavo,
a tarda notte, lungo il tuo biliardo.

Umberto Saba è lo pseudonimo di Umberto Poli (Trieste 1883 - Gorizia 1957); di famiglia ebraica dal lato materno, viene avviato agli studî commerciali, e per molto tempo è direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. I suoi primi versi risalgono al 1900 ma il primo libro, Poesie, è del 1911; seguono: Coi miei occhi (1912), Cose leggere e vaganti (1920), Il Canzoniere (1921; ed. crit. a cura di G. Castellani, 1981), Preludio e canzonette (1922), Figure e canti (1926), Preludio e fughe (1928), Tre composizioni (1933), Parole (1934), Ultime cose (1944), poi tutti raccolti nell'ediz. definitiva del Canzoniere (1945); e quindi Mediterranee (1947), Uccelli - Quasi un racconto (1951). Scrive anche alcune prose fra narrative e liriche: Scorciatoie e raccontini (1946), Ricordi-racconti (1956) e Storia e cronistoria del Canzoniere (1948), contributo alla critica di sé stesso; postumo (1975; nuova ed. 1995) viene pubblicato un romanzo incompiuto, Ernesto, scritto nel 1953. La sua poesia, autobiografica proprio nel senso di intimo diario e confessione, è di un tono medio, fra il cantato e il parlato, fra l'aulico e il popolaresco, fra l'alta lirica (dai vaghi echi leopardiani) e la canzonetta. Del suo epistolario, oltre al carteggio con Quarantotti Gambini (Il vecchio e il giovane, 1965) e a singoli gruppi di lettere pubblicati sparsamente, si può leggere l'edizione a cura di A. Marcovecchio, La spada d'amore. Lettere scelte 1902-1957 (1983).