Giovanni Verga e il romanzo verista

Il ritratto del maestro del verismo

Considerato il maggior esponente del Verismo letterario, Giovanni Verga viene rivalutato solo dopo la morte, quando, grazie alla pubblicazione di un saggio di Luigi Russo, alla sua opera vengono riconosciute grandi qualità artistiche. Dopo la morte, nella casa di Verga, vengono ritrovate lastre fotografiche e pellicole, che rivelano nello scrittore un interesse documentario, che, in un certo modo, può spiegare meglio le origini della sua “ideologia” verista.

Gli uomini son fatti come le dita della mano: il dito grosso deve far da dito grosso e il dito piccolo deve far da dito piccolo


Giovanni Verga nasce a Vizzini il 2 settembre 1840 e muore a Catania il 27 gennaio 1922. È il maggior esponente del verismo, movimento letterario che ha come scopo l’imparzialità e l’obiettività della narrazione. Verga si colloca nella tradizione naturalistica tipica della letteratura francese dell’epoca, facendosi propugnatore della necessità, per l’autore, di porsi in una prospettiva esterna nei confronti della storia, per “studiarla senza passione”, senza farsi mai giudice degli avvenimenti narrati. Tra le sue opere: Storia di una capinera (1871) le novelle di Vita dei campi (1880), I Malavoglia,  Mastro-don Gesualdo (1889).