Mauro Covacich, Di chi è questo cuore

Un romanzo di persone

A un uomo sulla cinquantina che fa dell’allenamento fisico un suo rito quotidiano viene detto che non deve affaticare il suo cuore, che deve ridurre il nuoto e la corsa. Di chi è questo cuore di Mauro Covacich (La Nave di Teseo) fa percorrere al lettore gli otto mesi che passano tra un controllo medico e l’altro (il secondo verdetto è peggiore del primo perché l’uomo non si è risparmiato, e che la dottoressa dica di pensare alle persone che stanno male davvero non gli solleva il morale). Interrogazione sulla morte (“è una piccola cosa ma non viene da sola, è necessario che la vita le rilasci un po’ di spazio”) propria e del ragazzo caduto da una finestra in gita scolastica che ogni tanto riappare tra i pensieri dell’io narrante, sull’amore e sull’attrazione (bello il resoconto della gita improvvisata a Senigallia insieme a Susanna), mappatura dei luoghi (il Villaggio Olimpico di Roma risulta in tutta la sua desolazione), Di chi è questo cuore è un libro cupissimo con intervalli comici, spietato fino all’eccesso, anche nella scelta di chiamare tutti con il loro nome e cognome, identificando la debolezza di ognuno. C’è anche un laido fantasma che appare di notte e s’intrattiene con il protagonista su argomenti prevalentemente osceni. Terribilmente intimo e insieme terribilmente universale nello sguardo che getta sul nostro modo di vivere e di morire.

Perché un uomo di cinquant’anni, magari calvo, con i figli a scuola, vuole avere i denti della pubblicità? In vista di che? Quindi la vita è diventata questo: un eterno provino a sorpresa, la condizione perpetua di una possibilità alla quale farsi trovare pronti? Ma pronti per che cosa?
Dall’egocentrismo infantile all’egoismo adulto, uno slittamento fatto di spostamenti impercettibili, dalla dissipazione di sé, in fondo generosa dell’egocentrico, verso la sempre più ossessiva conservazione di sé dell’egoista. Dal cuore ai denti. Bere molta acqua, assumere solo grassi insaturi, studiare le tabelle nutrizionali, ma soprattutto coccolarsi, volersi bene. Devo imparare a volermi bene è diventato il mantra dell’individuo, di qualsiasi individuo, esclusi i disperati e i moribondi.

 
 Mauro Covacich è nato a Trieste nel 1965. Ha scritto: La sposa (2014, finalista Premio Strega), A perdifiato (2003); Fiona (2005); Prima di sparire (2008) e A nome tuo (2011). Nel 2017 ha pubblicato con La nave di Teseo La città interiore (finalista Premio Campiello). Vive a Roma.