Marina Mander, L'età straniera

Leo e Florin: storia di un incontro

In L’età straniera (Marsilio), Marina Mander dà voce a Leo, un diciassettenne milanese che vive con la madre e il compagno di lei dopo che suo padre si è suicidato. La madre, Margherita, fa l’assistente sociale e ha deciso di portarsi a casa un ragazzo rumeno, Florin, per toglierlo dal marciapiede su cui batte, dopo che il progetto di inclusione sociale a cui lavorava è stato chiuso per mancanza di fondi. Così ai problemi di Leo (il dolore per la morte del padre depresso, avvenuta in mare, davanti ai suoi occhi; l’insofferenza nei confronti del mite Tango-12-in-2-minuti, il tassista che si è insediato al suo posto; la difficoltà a trovare una ragazza e la conseguente prolungata e fastidiosa verginità) si aggiunge la presenza di un enigmatico coetaneo che non parla italiano e che di sesso ne sa incomparabilmente più di lui. Nel corso dell’Età straniera, Leo riflette su Florin, dapprima in modo impietoso, poi aprendosi alla curiosità. Mander non racconta, non può raccontare una storia edificante su due giovani che trovano l’uno nell’altro la propria salvezza (troppo grandi sono i traumi subiti da entrambi), ma racconta una crepa che si fa strada all’interno dei pregiudizi di un adolescente e soprattutto riesce nell’impresa di rendere credibile la voce di un ragazzo di oggi con le sue fragilità e i suoi punti di forza. 

Eccoli: la vedova acculturata con la fissa del volontariato, lui di estrazione sociale più bassa con il diploma delle serali, coppia aperta e democratica, una buona miscela per l’emancipazione della scimmia, molto più funzionale di una famiglia di buonissima famiglia che si accolla un disperato per hobby, come fosse un carlio o un jack russell.

Marina Mander, triestina, vive a Milano. Tra le sue opere di narrativa: Ipocondria fantastica, Catalogo degli addii, La prima vera bugia, Nessundorma, Il potere del miao. I gatti che mi hanno cambiato la vita. Ha scritto per Il Piccolo, Vanity Fair e The New York Times.

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