Alessandro Haber legge testi di Gabriele Tinti
Al Museo Archeologico di Napoli
Gabriele Tinti è poeta, scrittore e critico d’arte. Nel 2014 è stato invitato a partecipare alla Special Edition Series del SouthBank Centre di Londra. Nel 2016 ha pubblicato Last words (Skira Rizzoli) in collaborazione con l’artista americano Andres Serrano. Dal 2016 al 2018 ha composto alcune poesie ispirate ai capolavori di Giorgio de Chirico collaborando con il Metropolitan Museum of Art, la Peggy Guggenheim Collection, il MOMA di New York e il Museo del ‘900 di Milano. Nel 2018 il suo progetto di poesia ecfrastica “Rovine” è stato insignito del Premio Montale con una cerimonia al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps ed è stato l’unico progetto di scrittura scelto per celebrare il riallestimento delle collezioni del Getty Villa, per proseguire il dialogo iniziato con la mostra di artisti contemporanei “Plato in LA” in occasione della quale alcuni dei più celebrati artisti del panorama odierno hanno reinterpretato l’impatto di Platone sul mondo contemporaneo. Nello stesso anno ha esteso la sua opera ispirata ai capolavori dell’arte anche alla pittura rinascimentale con una lettura alla Pinacoteca di Brera e alla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola.Nel 2020 è prevista l’uscita della sua nuova raccolta di poesie in collaborazione con l’artista Roger Ballen per i tipi di Powerhouse Books (New York).Gli intensi volti ritratti, l’aura di un’immagine divina che da questi trapela, mi hanno sempre fatto provare una profonda nostalgia per un’età mitica dell’arte e della poesia in cui questa riusciva a cantare davvero, un’età in cui efèbi, bardi - presto destinati a scadere in rapsodi ed infine negli scribacchini quali noi siamo divenuti - utilizzavano la parola viva con voce divina. Dopo di allora non furono più salmodiazioni, non più presentimenti, non più divinazioni. Nessun canto successivo, nessuna poesia, alcuna arte d’oggi, potranno davvero risplendere non appena messe a confronto con la prima grande stagione della poesia così come noi ce la rappresentiamo. Non potranno farlo perché l’immaginazione è morta per eccesso di parole e per overdose d’immagini che si svuotano di senso. Le icone d’oggi, le parole, la scrittura, hanno perso la loro intensità religiosa, la loro ‘aura’, e non sono altro che una rincorsa a quella magica ‘traccia di ciò che è scomparso’ (Baudrillard), di quel tempo in cui ‘gli Dei camminarono tra gli uomini’ (Holderlin). Noi poeti siamo ancora quei mostri che tentano di salvarsi attraverso la parola di cui parla Cioran ma siamo stretti in un vicolo cieco. Nelle due poesie da me composte trapela tutta la nostalgia, la stanchezza, provata nell’intraprendere oggi questa impossibile rincorsa.
Alessandro Haber, nato a Bologna, trascorre gran parte della sua infanzia in Israele insieme al padre rumeno e alla madre italiana. Recita per Nanni Moretti in "Sogni d'oro" (1981); in "Amici miei - Atto II" (1982) di Mario Monicelli; partecipa al film di esordio di Gabriele Salvatores, "Sogno di una notte d'estate"(1983) e nel 1986 Pupi Avati lo scrittura per "Regalo di Natale". Nel 1986 compare in "La donna del traghetto" di Amedeo Fago, "Anche lei fumava il sigaro" di Alessandro di Robilant, "Grandi magazzini" di Castellano Pipolo, "Innocenza" di Villi Hermann e "Com'è dura l'avventura" di Flavio Mogherini. Nel 1989 vince il Nastro d'Argento come miglior attore non protagonista per il film, "Willy Signori e vengo da lontano" di Francesco Nuti. Negli anni novanta recita in Parenti serpenti del 1992 di Mario Monicelli. In teatro ha recitato in Orgia di Pier Paolo Pasolini, Woyzeck di Georg Büchner, Arlecchino, Ugo di Carla Vistarini, Scacco pazzo (da cui ha poi tratto l'omonimo film del 2003 che lo ha visto debuttare come regista) e L'avaro di Molière. Nel 2006 riceve il Premio Gassman come miglior attore per l'interpretazione di Zio Vanja nell'omonimo testo di Anton Čechov. Scrive e canta canzoni. Il suo primo CD è "Haberrante"(1995), a cui seguono "Qualcosa da dichiarare" (1999), "Il sogno di un uomo"(2003) e "La valigia dell'attore" singolo composto da Francesco De Gregori. Nel 2006 lavora con Giuseppe Tornatore ne "La sconosciuta" ottenendo il Nastro d'Argento nel 2007 come miglior attore non protagonista e, nel 2011, è diretto da Ermanno Olmi nel film "Il villaggio di cartone”.