Gabriele Tinti, The boxer

Lettura di Robert Davi

L'attore e cantante statunitense Robert Davi legge The Boxer, una serie di composizioni poetiche di Gabriele Tinti ispirate alla celebre statua bronzea attribuita a Lisippo, Il pugile delle Terme, in occasione della sua esposizione al Getty Museum di Los Angeles. Così l'autore spiega il progetto:

Il pugile delle Terme è una delle opere d’arte dell’antichità più ammirate. Dal ritrovamento - nel 1885 sulle pendici del Quirinale dove sorgevano le Terme di Costantino – si è acceso un intenso dibattito tra gli studiosi durato più di un secolo e tutt’ora in corso. C’è chi si è fatto inizialmente ingannare dalla presunta firma “Apollonios Nestoros” rilevata sul guantone sinistro da Rhys Carpenter nel 1927. Chi ha collocato l’opera alla fine del IV secolo a.C. (riconducendola a Lisippo e alla sua scuola) e chi l’ha riferita ad una produzione tardo-ellenistica del I secolo a. C. C’è chi ha creduto di riconoscere il pugile in quel Mys di Taranto che vinse per la prima volta nel 336 a. C. in Olimpia al termine di una massacrante carriera fatta di continue sconfitte e chi vi ha visto Polidamante, atleta dalla leggendaria forza nato in Tessaglia e poi chiamato alla corte di Persia da Dario II. C’è poi chi lo ha identificato in un personaggio storico e chi in uno mitico, eroico.
Tuttavia sia che la scultura rappresenti un perdente che trova inaspettatamente la vittoria a fine carriera o un atleta vincitore, sia che essa raffiguri un personaggio storico o un eroe, quel che conta per noi – ciò che da sempre ci ha attratto -  è la “trascendente stanchezza” che vi trapela. Rappresentato dall’artista nell’atto di volgere il capo nel mentre qualcosa di speciale sta accadendo, il pugile è seduto, fortemente segnato da ferite profonde e da un copioso sanguinamento su tutto il lato destro del corpo. Non sappiamo con certezza che cosa significhi quel volgersi del capo: è forse l'ascolto del verdetto del giudice? O una nuova chiamata al combattimento? È uno sguardo alla folla incitante? O forse una muta interrogazione a Zeus alla ricerca di una qualche risposta? Le numerose controversie scaturite nel tentativo di spiegare quel gesto ha fondato tutto il mistero e la poesia, tutta la seduzione, dell’opera.
Nel comporre il testo è stato per me naturale parlare di quel momento dal punto di vista del pugile. Ho deciso di farlo senza parteggiare per una interpretazione o per l’altra. D’altronde ogni volta che si vuole analizzare un’opera la si profana, si attenta alla sua irriducibilità. La poesia non dovrebbe mai ridursi ad una spiegazione. Quella vera muove sempre al di là d’ogni calcolo, d’ogni sistema, d’ogni geometria: è incompiutezza, evocazione, lamento, brivido.
Di fronte al Pugile non ho potuto far altro che cantare tutta la fragilità, la solitudine, il peso d'una vita drammatica come anche il tragico senso di morte, di vacuità, che appartiene persino ai nostri capolavori che si vorrebbero eterni. L'indeterminatezza che ha circondato spesso le loro attribuzioni, il carattere talvolta puramente ipotetico degli studi, la frammentarietà mutilata con la quale quasi sempre dall’antichità sono giunti sino a noi, mi hanno fornito lo spunto per parlare della caducità della vita, d’ogni opera dell’uomo, del significato del tempo. 
Quel che riguarda il corpo è una corrente che passa, quel che riguarda l’anima sogno e vanità; l’esistenza è battaglia in terra straniera; la gloria postuma oblio, lenta caduta nella dimenticanza, nell’indifferenza dell’inorganico. Neanche le nostre opere ne sono immuni, così come ciò che più veneriamo. Nonostante il nostro disperato tentativo di preservarle e di resistere.

Gabriele Tinti è un poeta, scrittore e critico d’arte. Ha scritto ispirandosi ad alcuni capolavori dell’arte antica come Il pugile a riposo, Il Galata suicida, il Giovane vittorioso (Atleta di Fano), il Fauno Barberini, Il Discobolo, I marmi del Partenone, l’Ercole Farnese e molti altri ancora, collaborando con Istituzioni come il Museo Archeologico di Napoli, i Musei Capitolini, il Museo Nazionale Romano, il Museo dell’Ara Pacis, il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, il British Museum di Londra, il Metropolitan di New York, il LACMA di Los Angeles e la Glyptothek di Monaco. Le sue poesie sono state lette da attori come Robert Davi, Marton Csokas, Vincent Piazza, Michael Imperioli, Franco Nero, Burt Young, Anatol Yusef, Luigi Lo Cascio, Alessandro Haber, Silvia Calderoni, Enrico Lo Verso, Jamie Mc. Shane e Joe Mantegna. Nel 2014 è stato invitato a partecipare alla Special Edition Series del SouthBank Centre di Londra. Nel 2016 ha pubblicato “Last words” (Skira Rizzoli) in collaborazione con l’artista americano Andres Serrano. Dal 2016 al 2018 ha composto alcune poesie ispirate ai capolavori di Giorgio de Chirico collaborando con il Metropolitan Museum of Art, la Peggy Guggenheim Collection, il MOMA di New York e il Museo del ‘900 di Milano. Nel 2018 il suo progetto di poesia ecfrastica “Rovine” è stato insignito del Premio Montale con una cerimonia al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps ed è stato l’unico progetto di scrittura scelto per celebrare il riallestimento delle collezioni del Getty Villa, per proseguire il dialogo iniziato con la mostra di artisti contemporanei “Plato in LA” in occasione della quale alcuni dei più celebrati artisti del panorama odierno hanno reinterpretato l’impatto di Platone sul mondo contemporaneo.
Nello stesso anno ha esteso la sua opera ispirata ai capolavori dell’arte anche alla pittura rinascimentale con una lettura alla Pinacoteca di Brera. Nel 2020 è prevista l’uscita della sua raccolta di poesie in collaborazione con l’artista Roger Ballen per i tipi di Powerhouse Books (New York).

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