De Cataldo: tradurre le poesie di Leonard Cohen
Intervista di Claudia Bonadonna
Eremita in esilio dal mondo, chansonnier popolare, menestrello elettrico. Poeta quando dei poeti “si diceva che erano finocchi che inseguivano farfalle”, musicista per caso, e santo. Perché “santo è chi ha assaggiato le più remote possibilità umane e ha accettato il caos”. Due raccolte di poesie, Flowers for Hitler (1964) e The Energy of Slaves (1972) raccontano la musica e l’indole straniera dell’artista totale Leonard Cohen. Qualche tempo fa i soliti di minimum fax le selezionavano per un volumetto importante, L’energia degli schiavi e trovavano nel magistrato e giallista Giancarlo De Cataldo un traduttore tanto estemporaneo quanto appassionato. L’abbiamo intervistato.
Un magistrato che diventa prima scrittore e poi traduttore delle poesie di un musicista. Mi racconta il suo percorso verso Leonard Cohen e le ragioni per le quali ha deciso di metter mano alle liriche de L'energia degli schiavi?
Cohen l'ho conosciuto in un negozio di dischi a Taranto, nel Settantadue. Avevo sedici anni e molti sogni. Lui sorrideva dalla copertina di Songs of Love and Hate. Il disco costava tremilacinquecento lire. Fu un buon pretesto per imparare l'inglese, gli accordi-base alla chitarra e spiegare ai miei genitori che anche un cantante poteva essere, allo stesso tempo, un poeta. Quanto a L'energia degli schiavi, potete immaginare un titolo più forte, adolescenziale, coinvolgente? I critici l'hanno fatto a pezzi, 'sto libretto, ma se avete sedici anni e molti sogni parlerà, ancora oggi, al vostro cuore.
Lei individua di un "perimetro linguistico" arricchito di "infinite variazioni nel tempo", di un "procedere per tentativi", per contrapposizioni, per accumulazioni.... Com'è stato confrontarsi tecnicamente ed emozionalmente con la lingua di Cohen?
Direi che la maggiore difficoltà sta in due aspetti: nella musicalità del verso, che è difficile riprodurre, anche per assonanza, in una lingua profondamente diversa; e nell'abile dosaggio fra lingua popolare e arcaicismi che connota tutta la produzione coheniana. Per Cohen "beauty" è bellezza, per noi "beltà". "Loss" è perdita, ma per noi diventa "sconfitta"…
"Oro argilla stile seni orizzonte ragazze panico amore guerra pace tempo cosce rivoluzione Dio". Questi i concetti simbolo di quasi mezzo secolo di poesia coheniana (così come lei li indica nella prefazione al volume). Può spiegarmi come è addivenuto a questa definizione?
Beh, sono parole ricorrenti nell'opera coheniana. Appartengono alla sua lacerazione fra misticismo e carnalità, alla forza degli impulsi cogenti e indomabili, e alla riflessione sui destini dell'universo mondo. Cohen è un uomo in rivolta mai pacificato. Queste parole sono scolpite lungo il lastrico della sua continua, ironica e disperata sofferenza.
Cohen consiglia di affrontate le sue poesie "secondo il proprio stile di passo/passione". Perchè bisogna essere liberi, anche dai poeti. E per lei com'è stato?
È solo quando mi sono liberato di questa ossessione che ho potuto scriverne liberamente. Ora le sue canzoni le suono di nascosto, anche perché le ho già inflitte troppe volte a moglie, amici e conoscenti. Un giorno finirò per dimenticarle, e allora sarò veramente libero.
"Non so se il mondo ha mentito / io ho mentito / Non so se il mondo ha cospirato contro l'amore / io ho cospirato contro l'amore / Si sta a disagio in questo ambiente di tortura / io ho torturato". Cohen filosofo della prima ora nei Fiori per Hitler descrive la "banalità del male" di cui parla Hannah Arendt a proposito del processo Eichmann…
Flowers for Hitler è un libro violento, irrisolto, pieno di episodi altissimi le di pagine vuote di senso e di stile. Il filone shoah lo percorre come un urlo disperato: la poesia che lei cita nella domanda è una delle migliori risposte all'antisemitismo che mi sia mai capitato di leggere. E di amare.
"Abbiamo lasciato perdere l'amore libero / e abbiamo imposto per certi delitti / la pena di morte / Non ci sono più scintille tra uomo e donna". Cohen profeta sociale ne L'energia degli schiavi: uno sviluppo o una contraddizione?
Non contraddizione, ma coerenza.
Cohen "rivoltoso del nulla". "Ridatemi il muro di Berlino, Stalin e San Paolo, datemi Cristo o Hiroshima", dice in The Future…
Beh, qui Cohen vede lontano. Profetizza "I've seen the future baby it is murder": ho visto il futuro, tesoro, è omicidio, ma potremmo anche dire "sterminio". C'è bisogno di commentare? È sotto gli occhi di tutti! Lui aveva già scritto: “abbraccio tutti coloro che non cambiano”. È un uomo, vede, un uomo con le sue miserie e la sua grandezza. Sa che dietro la tecnologia c'è sempre in agguato il buon vecchio lupo. Cohen è in sintonia con un altro grande isolato del Novecento, il reverendo Thomas Merton.
Cohen è stato moltissime cose nella sua vita: letterato raffinato e rockstar, ebreo ortodosso ed eremita zen, amante accorto e succubo del desiderio, peccatore e santo. Perché - dice - "santo è chi ha assaggiato le più remote possibilità umane e ha accettato il caos". E per lei cos'è Leonard Cohen?
Colui che ha vissuto le cento e cento vite che a me, comune mortale, sono definitivamente, tragicamente precluse.
Un magistrato che diventa prima scrittore e poi traduttore delle poesie di un musicista. Mi racconta il suo percorso verso Leonard Cohen e le ragioni per le quali ha deciso di metter mano alle liriche de L'energia degli schiavi?
Cohen l'ho conosciuto in un negozio di dischi a Taranto, nel Settantadue. Avevo sedici anni e molti sogni. Lui sorrideva dalla copertina di Songs of Love and Hate. Il disco costava tremilacinquecento lire. Fu un buon pretesto per imparare l'inglese, gli accordi-base alla chitarra e spiegare ai miei genitori che anche un cantante poteva essere, allo stesso tempo, un poeta. Quanto a L'energia degli schiavi, potete immaginare un titolo più forte, adolescenziale, coinvolgente? I critici l'hanno fatto a pezzi, 'sto libretto, ma se avete sedici anni e molti sogni parlerà, ancora oggi, al vostro cuore.
Lei individua di un "perimetro linguistico" arricchito di "infinite variazioni nel tempo", di un "procedere per tentativi", per contrapposizioni, per accumulazioni.... Com'è stato confrontarsi tecnicamente ed emozionalmente con la lingua di Cohen?
Direi che la maggiore difficoltà sta in due aspetti: nella musicalità del verso, che è difficile riprodurre, anche per assonanza, in una lingua profondamente diversa; e nell'abile dosaggio fra lingua popolare e arcaicismi che connota tutta la produzione coheniana. Per Cohen "beauty" è bellezza, per noi "beltà". "Loss" è perdita, ma per noi diventa "sconfitta"…
Il confronto tecnico lo lascio ai professionisti (categoria alla quale mi onoro di non appartenere). Da dilettante, ho scelto di cedere alle mie emozioni, anche a costo di sensibili tradimenti… Questo è il mio "personal Leonard Cohen book". Con tutto quel che ne segue in termini di rischio e di discutibilità.Cohen è sempre rimasto fedele a se stesso e alle sue contraddizioni. Si è messo in mostra, e in vendita, senza nessun pudore. È un estremista del vivere, oltre che del poetare.
"Oro argilla stile seni orizzonte ragazze panico amore guerra pace tempo cosce rivoluzione Dio". Questi i concetti simbolo di quasi mezzo secolo di poesia coheniana (così come lei li indica nella prefazione al volume). Può spiegarmi come è addivenuto a questa definizione?
Beh, sono parole ricorrenti nell'opera coheniana. Appartengono alla sua lacerazione fra misticismo e carnalità, alla forza degli impulsi cogenti e indomabili, e alla riflessione sui destini dell'universo mondo. Cohen è un uomo in rivolta mai pacificato. Queste parole sono scolpite lungo il lastrico della sua continua, ironica e disperata sofferenza.
Cohen consiglia di affrontate le sue poesie "secondo il proprio stile di passo/passione". Perchè bisogna essere liberi, anche dai poeti. E per lei com'è stato?
È solo quando mi sono liberato di questa ossessione che ho potuto scriverne liberamente. Ora le sue canzoni le suono di nascosto, anche perché le ho già inflitte troppe volte a moglie, amici e conoscenti. Un giorno finirò per dimenticarle, e allora sarò veramente libero.
"Non so se il mondo ha mentito / io ho mentito / Non so se il mondo ha cospirato contro l'amore / io ho cospirato contro l'amore / Si sta a disagio in questo ambiente di tortura / io ho torturato". Cohen filosofo della prima ora nei Fiori per Hitler descrive la "banalità del male" di cui parla Hannah Arendt a proposito del processo Eichmann…
Flowers for Hitler è un libro violento, irrisolto, pieno di episodi altissimi le di pagine vuote di senso e di stile. Il filone shoah lo percorre come un urlo disperato: la poesia che lei cita nella domanda è una delle migliori risposte all'antisemitismo che mi sia mai capitato di leggere. E di amare.
"Abbiamo lasciato perdere l'amore libero / e abbiamo imposto per certi delitti / la pena di morte / Non ci sono più scintille tra uomo e donna". Cohen profeta sociale ne L'energia degli schiavi: uno sviluppo o una contraddizione?
Non contraddizione, ma coerenza.
Ora che la sbornia è passata, saremo costretti a rivalutare le sue intuizioni da "trovatore". Ma d'altronde Cohen parla solo e sempre di se stesso e per se stesso. E riesce, così facendo, a diventare universale.Cohen si scaglia contro la rivoluzione sessuale per la sua tendenza a oggettivare, a rendere borghese, consumistico, triviale il mistero dell'arco voltaico che scocca fra i sessi.
Cohen "rivoltoso del nulla". "Ridatemi il muro di Berlino, Stalin e San Paolo, datemi Cristo o Hiroshima", dice in The Future…
Beh, qui Cohen vede lontano. Profetizza "I've seen the future baby it is murder": ho visto il futuro, tesoro, è omicidio, ma potremmo anche dire "sterminio". C'è bisogno di commentare? È sotto gli occhi di tutti! Lui aveva già scritto: “abbraccio tutti coloro che non cambiano”. È un uomo, vede, un uomo con le sue miserie e la sua grandezza. Sa che dietro la tecnologia c'è sempre in agguato il buon vecchio lupo. Cohen è in sintonia con un altro grande isolato del Novecento, il reverendo Thomas Merton.
Cohen è stato moltissime cose nella sua vita: letterato raffinato e rockstar, ebreo ortodosso ed eremita zen, amante accorto e succubo del desiderio, peccatore e santo. Perché - dice - "santo è chi ha assaggiato le più remote possibilità umane e ha accettato il caos". E per lei cos'è Leonard Cohen?
Colui che ha vissuto le cento e cento vite che a me, comune mortale, sono definitivamente, tragicamente precluse.