Bertrand Leclair, Malintesi
La fuga del figlio
Un bambino nato sordo all’inizio degli anni sessanta in Francia; suo padre che non accetta l’handicap e combatte per restituire quella che a lui sembra una normalità al figlio. In Malintesi pubblicato da Quodlibet nella traduzione di Marco Lapenna, Bernard Leclair ricostruisce un inferno familiare che prosegue anche dopo la fuga da casa di Julien una volta raggiunta la maggiore età. Yves, il capofamiglia, è un eroe della Resistenza, un agiato tipografo abituato a dominare la vita. Pretende che il figlio usi gli apparecchi per sentire e si sforzi di parlare; gli nega la lingua dei segni. Sua moglie è una debole, lo asseconda e non riesce a proteggere il figlio che ama di più, pur trascurando gli altri due, e causando problemi al primogenito che cresce pieno di rancore. Julien a Parigi scopre un altro mondo, in cui diventa insegnante di lingua di segni, si sposa, ha figli. Tornerà a casa solo dopo la morte della madre e troverà il fratello che gli rinfaccia tutto, persino la rovina dell’attività economica del padre. Un romanzo molto caustico in cui le vicende private si intrecciano alla storia dei sordi nel Novecento, perseguitati dalle teorie di Alexander Bell fissato con l’oralismo.
Bertrand Leclair è nato nel 1961 a Lille. È autore di una dozzina di romanzi, saggista e drammaturgo. Dal 1994 collabora come critico letterario al supplemento del quotidiano Le Monde e recentemente ha vissuto a Roma. Con questo libro viene tradotto per la prima volta in Italia.Il tragico spunta sempre all’improvviso, con un singolo gesto accecante strappa i veli che abbiamo tessuto nel quotidiano dei pensieri meccanici, sul telaio delle frasi, con il filo delle parole che per una vita disponiamo in trame, il velo dell’illusione come il velo del sapere. Di qui il piacere: l’istante tragico è una rivelazione, tutte le certezze sul futuro e dunque sul passato che ci ha condotti al futuro esplodono in una luce anomala, fissano per sempre la scena sulla pellicola della memoria sensibile – e difatti momenti del genere restano come fotografie mai scattate, che pure ci si imprimono dentro al punto da sembrare le più vere nell’album prudentemente gerarchizzato della vita. Sorge una nuova verità sul mondo e su te.