Giuseppe Laterza: presidiare la letteratura
Intervista di Andrea Monda
Oltre ad essere presidente dell’omonima prestigiosa casa editrice, Giuseppe Laterza dirige anche l’associazione I Presìdi del libro che, a partire dallo scorso febbraio, ha dato vita alla seconda edizione della manifestazione “Convivio: incontri con gli autori in masseria”. Otto appuntamenti per diverse chiavi di lettura: attualità, turismo, economia, gastronomia, arte, moda, scienza, cinema... che siglano ancora una volta l’impegno dell’associazione, nata nel 2002 da un’alleanza tra otto editori pugliesi – Adda, Besa, Cacucci, Dedalo, B.A. Graphis, Editori Laterza, Manni Progedit – a favore della lettura come veicolo di crescita civile e sviluppo economico dell’Italia e di scambio con gli altri paesi. Tra i nomi dei protagonisti degli otto appuntamenti spiccano quelli di Natalia Aspesi, Philippe Daverio, Carlo Petrini, Rosetta Loy, Maria Pace Ottieri, Ermanno Olmi che intraprenderanno, insieme a un vasto e attivo pubblico di lettori e appassionati, questo nuovo viaggio artistico-culturale che fino a luglio li porterà nelle più belle masserie di Puglia a riscoprire l’antica arte del convivio. “Le masserie”, spiega Giuseppe Laterza, “non sono soltanto luoghi di storia e di bellezza. Sono anche spazi ideali per la socialità, lontani dal chiasso delle città e dai suoi ritmi convulsi”.
Un’iniziativa come questa dei Presidi è, secondo lei, un segno di forza o di debolezza del libro? In che situazione versa oggi il mercato del libro in Italia?
Da una parte potrebbe essere un segnale di grande vitalità del libro, dall’altra un indizio della difficoltà del mercato per cui si ricorre a mezzi “fantasiosi” per recuperare il pubblico dei lettori. Ma ritengo che le due letture non siano tra loro incompatibili.
Da questo divario scaturisce un bisogno, si crea una domanda che genera una risposta positiva, come questa dell’esperienza dei Presidi del libro. Quindi c’è un’arretratezza, ma si avverte anche il bisogno di colmare questa arretratezza, di crescere culturalmente.Queste iniziative rispondo all’esigenza di colmare il divario, presente in Italia, tra il livello di sviluppo economico e il livello culturale della popolazione.
Che futuro avrà il libro, inteso anche come oggetto? Soffrirà della concorrenza degli altri mezzi di comunicazione sempre più potenti e sofisticati?
Mi sembra ragionevole pensare che il libro abbia ancora una certa durata. Non sarà immortale, nessun mezzo di comunicazione lo è, ma difficilmente sarà sostituito da altri oggetti e strumenti, almeno nel breve periodo. Anche perché il libro risponde ad alcuni bisogni meglio di qualsiasi altro mezzo. Penso al bisogno della sollecitazione della fantasia: solo un libro, per esempio, permette al lettore di dare un volto, con la propria immaginazione, ai personaggi di un romanzo. La televisione in questo senso funziona all’opposto. Inoltre il libro risponde al bisogno di approfondimento critico e di costruzione di una visione del mondo. Se dovessi pensare al concetto di cosa voglia dire essere “liberali”, a me vengono in mente libri piuttosto che dei film o dei programmi televisivi o delle opere teatrali. Un declino del libro, che non escludo, sarebbe però un segnale negativo, proprio perché significherebbe il declino di quelle risposte a quei bisogni profondi dell’uomo. Per quanto riguarda poi la concorrenza direi che se è vero che gli altri mezzi limitano la diffusione del libro, è anche vero il contrario. Anzi, direi che è più vero il contrario.
Se la visione della TV diventa di troppe ore al giorno, come a volte accade, allora si scade in un fenomeno di dipendenza che crea disaffezione rispetto agli altri mezzi di comunicazione e anche un abbassamento del livello di lettura critica di un testo. Ma entro certi limiti la TV può aiutare e di fatto aiuta il mercato del libro.Nella maggior parte dei casi i dati ci dicono che chi legge più libri va anche di più al cinema, ai concerti, a teatro. Si crea una sorta di circolo virtuoso. Anche la televisione può inserirsi in questo circolo, a patto che riesca a farlo con moderazione.
Il rapporto tra la televisione e il libro coinvolge anche l’assetto socio-politico. Qual è secondo lei l’attuale situazione italiana?
Posso parlare della situazione editoriale che mi appare la situazione in cui è garantito il maggior grado di pluralismo, almeno rispetto ad altre situazioni come, ad esempio, quella televisiva. Nell’editoria l’accesso è garantito a tutti. Chiunque, con pochi mezzi, può fare l’editore e anche con successo, come dimostrano i casi recenti di e/o, Fazi e Donzelli, per fare solo qualche nome. Il mercato televisivo è invece, evidentemente, sottoposto a un duopolio. Indipendentemente da qualsiasi considerazione sulla proprietà e sui contenuti, penso che una situazione di oligarchia non sia un bene.
Umberto Eco ha dichiarato in modo provocatorio che la lettura corre nella direzione opposta a “democrazia e benessere” perché, come nell’Unione Sovietica stalinista, prigionieri in casa torneremo a leggere. Lei è d’accordo?Credo infatti che più pluralismo c’è, in qualsiasi campo, più quel campo migliora riuscendo a offrire il meglio di sé.
Eco descriveva la postmodernità televisiva, contrapponendole la “premodernità” sovietica che, anche per mancanza di alternative, spingeva la gente a leggere. Credo che l’Italia stia per smaltire la sbornia televisiva, evolvendo verso consumi culturali più raffinati, che stimolano cioè di più l’immaginazione e l’immedesimazione, come ha dichiarato qualche giorno fa il giornalista Marino Sinibaldi, intervenendo al presìdio di Noicattaro, vicino a Bari. Anche l’evoluzione dei canali televisivi tematici e della TV digitale va in questo senso.
In alcuni casi l’automatismo indicato in quella profezia è stata smentito clamorosamente: ricordo che quando anni fa mi recai a Budapest incontrai degli editori che mi raccontarono come durante il regime comunista c’erano in città 200 librerie mentre ora erano quasi tutte diventate negozi di jeans. Ma, per fortuna, ogni caso è a sé e non ci sono regole assolute. In Italia, ad esempio, l’alfabetizzazione primaria, ottenuta soprattutto grazie alla televisione, non ha giovato alla lettura, così come invece è avvenuto in altri paesi come l’Inghilterra e la Germania. Ma sono ancora ottimista: ci sarà un “assestamento” in Italia e, ora che il livello economico è alto e diffuso nel paese, si potrà tornare, spero più maturi, al libro.Il paradosso di Eco è utile per ricordarci il fallimento della profezia marxista per cui dopo la soddisfazione dei bisogni primari si sarebbe passati alla soddisfazione degli altri interessi, tra cui quello culturale.
Questo ottimismo nasce anche dall’esperienza dei “Presidi del libro”?
Anche. I Presìdi sono cresciuti nella partecipazione dei cittadini e moltiplicati sul territorio: oggi ce ne sono in Puglia quasi trenta. Ma ancora c’è molto da fare, per collegarsi più strettamente alle strutture fondamentali come le scuole, le biblioteche, le librerie, le altre associazioni. Cercheremo di farlo, compatibilmente con le nostre piccole forze e la natura volontaristica della nostra associazione. Il mio ottimismo non deve portare a un “dormire sugli allori” ma, al contrario, a un lavoro capillare di continuo stimolo.
A proposito di territorio, i Presidi resteranno una realtà locale, pugliese?I “Presidi” svolgono, nel territorio, questo ruolo di stimolo, questo è il loro principale scopo e significato.
Oltre alla Puglia sono stati aperti alcuni Presidi anche in Basilicata, Emilia Romagna e Piemonte. Dipenderà dai lettori se riterranno utile costituire Presìdi in altre regioni. Quello che cerchiamo di costruire in Puglia è un sistema, cioè una rete di contatti, che sia stabile nel tempo. Un lavoro graduale, che richiede tempi lunghi.
Come si acquisisce il marchio “doc” del Presìdio?
Presentando alla nostra associazione un progetto di lettura che coinvolga attivamente i lettori. Per capirci, non una serie di presentazioni di libri ma piuttosto incontri tra lettori e all’occasione anche autori su temi di loro interesse, a partire dai libri letti. Se il progetto risponde ai criteri di qualità, coerenza interna, radicamento sul territorio che la nostra associazione richiede, si viene riconosciuti come “Presìdi del libro”. E tutta la nostra rete si attiva per sostenere l’iniziativa.