Sergio Endrigo: la vita è l'arte dell'incontro

Sergio Endrigo: la vita è l'arte dell'incontro

Intervista di Giancarlo Susanna

Sergio Endrigo: la vita è l'arte dell'incontro
Sergio Endrigo, uno dei più grandi esponenti della canzone d'autore italiana racconta, in questa intervista a Giancarlo Susanna, come è cambiato il mercato discografico e come è stato divertente inventare le vicende letterarie di Joe Birillo.

Raggiungiamo Sergio Endrigo per telefono mentre trascorre una calda mattinata primaverile nel giardino della sua casa romana. Sappiamo bene che è impossibile raccontare nello spazio che abbiamo a disposizione tutto quello che Endrigo ha fatto nella sua lunga carriera, ma ci interessa lo stesso sapere qualcosa di più sull'importanza che la letteratura ha avuto nella composizione delle sue splendide canzoni e nella scrittura del romanzo Quanto mi dai se mi sparo?, tanto ricco di saggezza e ironia quanto poco conosciuto dai lettori italiani. Nato a Pola il 15 giugno 1933 - auguri, a proposito! - Endrigo debutta come cantante a Venezia nel 1954 e fino al 1961 gira tutta l'Europa cantando nei night. Firmato il primo contratto discografico nel 1961, comincia a scrivere le sue prime canzoni, tra cui ricordiamo almeno Bolle di sapone, I tuoi vent'anni e Io che amo solo te, che ottiene uno straordinario successo e diventa un vero e proprio classico della nascente canzone d'autore italiana. Influenzato - come del resto Gino Paoli, Giorgio Gaber o Bruno Lauzi - dalle canzoni di Jacques Brel, scrive capolavori come Viva Maddalena o Il soldato di Napoleone (su un testo di Pier Paolo Pasolini). Tra i poeti da lui messi in musica vanno citati Rafael Alberti, José Martí, Paul Fort e Lawrence Ferlinghetti. Seguono successi come Teresa e Adesso sì, finché Endrigo vince con Canzone per te il Festival di Sanremo più difficile, quello del 1968, successivo alla tragica morte di Luigi Tenco. Nel 1969, anno in cui arriva secondo al Festival con Lontano dagli occhi, realizza l'album La vita, amico, è l'arte dell'incontro, collaborando con Vinicius De Moraes, Giuseppe Ungaretti e Sergio Bardotti. Altrettanto importante è Ci vuole un fiore, in cui mette in musica alcune poesie di Gianni Rodari. La sua proposta - come dimostra anche il suo ultimo album, Qualcosa di meglio - è sempre stata quasi magicamente in bilico tra la profondità e la suggestione della poesia e l'immediatezza e la semplicità della comunicazione. Endrigo è riuscito a passare in manifestazioni popolari come il Festival di Sanremo senza perdere nulla della sua creatività e della sua libertà. Lo stesso stile - diretto, limpido, ironico - traspare belle pagine di Quanto mi dai se mi sparo?, in cui Endrigo racconta la vicenda del cantautore Joe Birillo, che per contrastare un declino causato più dal mutare dei tempi che dalla qualità delle sue canzoni, decide di mettere in scena il suo suicidio in un grande concerto, un evento che dovrebbe fruttare un cospicuo guadagno a sua moglie e a suo figlio. Nella speranza che qualche editore decida di ripubblicarlo - magari l'anno prossimo, in occasione dei festeggiamenti per i cinquant'anni di carriera - non vi raccontiamo come va a finire la storia... Nel 2002 l'etichetta I dischi del Club Tenco in collaborazione con Alabianca ha pubblicato Canzoni per te, un disco tributo a Endrigo cui hanno oartecipato fra gli altri Vinicio Capossela,Gino Paoli, Cristiano De André, Bruno Lauzi e La Crus.

Il suo unico romanzo, Quanto mi dai se mi sparo?, è abbastanza diverso dai libri pubblicati da altri cantautori italiani.
Volendo, è anche una satira dei media. Il protagonista decide di suicidarsi per provocare un grande effetto e tutti i media, compreso L'osservatore romano, ne parlano in un certo modo. Era questo lo scopo...

Come le è venuta l'idea di scriverlo?
Certe cose non so come mi siano venute in mente. Per esempio, non so... ho inciso Via Broletto 34 e il 34 non esiste, in quella strada. Me l'hanno detto a Milano quando ho fatto un concerto in un teatro. Perché mi è venuta in mente quella cosa? Non lo so.

Sembra che la creatività - con rispetto parlando - nasca da un ritorno quasi all'infanzia, senza i veti che abbiamo durante la vita in una società che ci costringe a fare questo e non quell'altro. Quando si inventa qualcosa, si è assolutamente liberi. È un ritorno all'infanzia.

Come mai si è rivolto a un piccolo editore svizzero?
L'ho proposto alla Feltrinelli e alla Garzanti e non c'è stato niente da fare. Forse perché non erano ancora usciti i libri di Guccini, Vecchioni, eccetera. Poi è diventata quasi una moda. Anche Pupo ha scritto un libro, ma non l'ho letto... Conoscevo una ex giornalista del Canton Ticino e una volta che ci siamo visti abbiamo cominciato a parlare di questo libro e lei voleva pubblicarlo. Però in Italia ne ha distribuite solo sessanta copie...

Solo sessanta?
Sessanta o seicento, non ricordo più!

Sono comunque molto poche...
Lei voleva fare pubblicità alla sua rivista, che si chiamava Il Mago Merlino ed era un periodico esoterico. E infatti tutti i giornali del Canton Ticino hanno parlato del libro, citando anche questo giornale che adesso non esiste più. Non l'ho più vista né sentita... A un certo punto ho mandato una lettera di disdetta, perché non mi avevano neppure comunicato quante copie avevano venduto. Per risparmiare la carta, lo avevano pubblicato con dei caratteri lillipuziani... ma insomma... è andata.

Ci si può ritrovare lo stile asciutto ed essenziale che ha rende così particolari le sue canzoni.
A settembre uscirà un mio nuovo disco con cinque successi, otto canzoni sconosciute al pubblico e una canzone inedita, una ballata che si chiama Altre emozioni. Farò anche un'ora di spettacolo con Michele Bovi su Rai2, Cinquant'anni di carriera, in cui canterò anche questa canzone.

Dal suo ultimo disco, Qualcosa di meglio, è passato un po' di tempo...
Hanno buttato via cinque cd, dall'80 in poi: uno con la BMG Ricordi, che allora si chiamava BMG Ariola, due con la Fonit Cetra, uno con Edoardo De Angelis e uno con un produttore di Recanati. Sono usciti, ma in pratica non li ha ascoltati nessuno, perché oggi, se non si spendono un po' di soldi in promozione, le cose non vanno. Non è come nel '60, quando poteva aver successo improvvisamente Nico e i Gabbiani. Oggi questo non è più possibile.

Quali sono le canzoni classiche che ritroveremo nel nuovo album?
Io che amo solo te, Canzone per te, Adesso sì, L'Arca di Noè, Girotondo intorno al mondo... Quelle sconosciute sono Allora balliamo, Il giardino di Giovanni, Madame Guitar...

Questa è una notizia che farà felici i suoi numerosi estimatori.
Una volta - avevo quarant'anni - è venuto qui a Roma il marito di una mia cugina di Grado, un bancario, e mi ha detto, "Ma canterai fino a novant'anni?" e io gli ho risposto, "Fino a 90 no, ma fino a 80 sì"...

Come i grandi bluesmen...

Purtroppo in Italia la memoria è un po' corta. Anche se io non mi lamento assolutamente. È cambiato il mondo discografico, è cambiato il modo di consumare, di fruire il disco, però mi è andata benissimo. Io sono molto felice di quello che mi è successo.

Tornando alla scrittura e alla letteratura... da dove viene la sua passione per una forma di comunicazione che non si limita esclusivamente alla musica, ma possiede anche un forte valore poetico? 
Avevo otto anni, stavo in una soffitta a Pola, la città dell'Istria in cui sono nato... in una soffitta, non una mansarda, e leggevo Salgari in ginocchio su una sedia col cuscino e col lume a petrolio. A quattordici anni, prima di entrare in collegio con i profughi giuliani dalmati, sono stato a Grado da un mio zio che aveva sì la mansarda e le camere anche per i figli e una libreria. Mi son letto I promessi sposi, i racconti di Maupassant, il teatro di Ibsen e un sacco di altre cose. Ho letto moltissimo, nella mia vita. Adesso sono un po' nauseato, sono pigro, ma ho letto moltissimo. Ho amato molto la poesia. Sono stato amico di Vinicius De Moraes, un grande amico suo. Ho conosciuto Rafael Alberti, di cui ho musicato La colomba. Ho musicato José Martí... la poesia me l'aveva data Bacalov per un film, La rimpatriata, in cui Walter Chiari faceva un ruolo drammatico, l'unico della sua vita. Non sapevo che Martí fosse il padre della patria, a Cuba, e quando mi hanno chiamato la prima volta, mi sono meravigliato del successo che ho avuto. Sono stato un sacco di volte a Cuba senza mai prendere un dollaro... per la revoluciòn si fa questo ed altro.

Un'altra collaborazione importante è stata quella con Gianni Rodari.
Io avevo fatto La casa e Il pappagallo... La casa era una cosa di Vinicius De Moraes e l'avevo messa in quell'album La vita, amico, è l'arte dell'incontro . Vinicius aveva visto il pappagallo che sta con me da 35 anni - sta urlando anche adesso; è in gabbia, ma quando stavo in campagna era libero in casa - aveva scritto su un bigliettino "Ma che bello pappagallo, tutto verde rosso e giallo", e io, Bardotti e Bacalov abbiamo scritto parole e musica per Il pappagallo , che è stato un grandissimo successo. Con queste cose e con un disco che si chiamava L'arca - con tutte canzoni di Vinicius De Moraes: Il pinguino, Il pappagallo, L'anatra, La pulce; canzoni per bambini musicate e con gli arrangiamenti di Bacalov - andai da Gianni Rodari.

Avevo preso un appuntamento e gli ho fatto sentire questo disco per fargli capire che non era la solita cosa per bambini fatta così alla buona. Era un disco molto serio, fatto molto bene. Lui mi ha dato una ventina di testi, io ne ho scelti dieci o undici e li ho musicati con Bacalov. Ci vuole un fiore è più popolare dell'Inno di Mameli.

Di questo lei può essere davvero molto orgoglioso...
Anche perché i soldi non fanno la felicità, no? Non si vive di solo pane.

Come mai è così difficile trovare questi dischi?
La BMG Ricordi ha ristampato su cd Ci vuole un fiore, ma non so in quante copie. Il mondo discografico è cambiato in peggio. Una volta c'erano dei musicisti come Giampiero Boneschi, alla Ricordi... persone come Nanni Ricordi, che suonava il pianoforte, si occupava di poesia, di musica... Fu lui a spingermi a scrivere canzoni, fra l'altro, perché io non lo avevo mai fatto. Oggi i consigli di amministrazione delle case discografiche sono fatti da gente che viene dalla pasta, dalla carta igienica, che non c'entra niente con la musica e la poesia. L'unica possibilità è che i produttori - che io chiamo le vannemarchi della canzone - riescano a convincere i consigli di amministrazione a tirar fuori dei soldi, e allora la cosa può funzionare. È una cosa molto diversa da quello che succedeva una volta... Alla RCA con Ornato, Melis, sia andava lì, si parlava, si discuteva. Oggi è tutto diverso.