Canto 18 - Naufragium

Purgatorio

Cimitero delle Fontanelle
Il Cimitero delle Fontanelle è chiamato in questo modo per la presenza in passato di fonti d’acqua, ospita 40.000 resti di persone vittime dell’epidemia di peste nel 1656 e di colera del 1836. Il luogo era destinato al culto delle le anime del Purgatorio, portava le donne del popolo ad adottare un teschio (la capuzzella).

Panfilo di Achille Lauro
Il veliero Karama, costruito nei famosi cantieri di Fiume nel 1931, apparteneva all’armatore Achille Lauro. Dal 1965 era parcheggiato presso l’area dei cantieri Gatto, nel 2009 è stato demolito.

Sinossi a cura di Aldo Onorati
Siamo nella IV cornice, dove sono puniti gli accidiosi, colpevoli di aver agito con poco vigore verso i beni celesti. L’espiazione purificante consiste nel correre incitandosi l’un l’altro e proclamando esempi di accidia condannata e di sollecitudine. Il contrappasso: alla loro esistenza inattiva, si oppone la corsa faticosa e senza sosta, contemporaneamente agli esempi gridati in reciproco memento.
E’ la notte fra il lunedì 11 e il martedì 12 aprile.
Virgilio, terminato l’insegnamento, osserva l’allievo per capire se è soddisfatto, ma Dante ha sempre nuovi problemi da risolvere, che gli rampollano l’uno sull’altro; però, temendo di aggravare il suo Maestro con domande reiterate, tace. Al Maestro nulla sfugge, per cui invita il Poeta ad esternare i suoi dubbi, e Dante, usando parole tenere e devote (la Divina Commedia è anche un trattato di galateo nascosto dietro la narrazione), “dolce padre caro”, chiede cosa sia l’amore a cui “reduci/ ogne buono operare e ‘l suo contraro”.
“L’animo umano, creato per amare, tende verso ciò che gli piace”. La facoltà percettiva trae dalla realtà la rappresentazione dell’oggetto (apprensiva e attenzione sono termini della Scolastica), che non sempre è buono, per cui ci sono attrazioni che elevano e altre che portano verso il basso. Ma Dante ha in sé altri interrogativi: “Se l’amore è provocato in noi da stimoli esterni e l’anima è costretta a seguire la sua naturale inclinazione, il merito e la colpa di chi sono?”
Il problema investe il libero arbitrio. Virgilio, infatti, vissuto prima della Rivelazione, afferma di poter parlare in base alla ragione (non alla teologia: ci penserà Beatrice a risolvergli i quesiti di Fede). L’anima intellettiva che è in sé distinta dal corpo e al contempo unita ad esso, ha congiunta una virtù specifica, chiara solo quando essa opera e perciò si evidenzia dal suo effetto, come la vitalità d’una pianta dal verde delle sue foglie. L’uomo non sa da dove provenga la conoscenza delle verità prime e l’effetto di esse, se non per lo stesso motivo per cui l’ape fa il miele, e tale impulso innato non ha meriti né colpe. Ma in voi c’è la facoltà di discernere, la quale deve guidare gli stimoli naturali. Questa facoltà di discernimento, cioè di scelta, è il punto di derivazione del merito e del demerito (cfr. Convivio, IV, ix, 7). I filosofi, approfondendo il senso delle cose, si accorsero di questa ‘innata libertate’, e perciò lasciarono al mondo un’eredità morale. Dunque, se in voi nasce un amore per forza, sta alla vostra volontà di scelta accettarlo o respingerlo. Ricordati del libero arbitrio quando parlerai con Beatrice”.
Dopo questa lunga e non facile tirata filosofica (75 versi più i precedenti del canto XVII), torna la descrizione del luogo e l’incontro con le anime.
La Luna, che sorge tarda, a mezzanotte, e quindi è calante, faceva apparir più rade le stelle col suo chiarore, percorrendo quella strada del cielo che il Sole disegna in inverno, quando chi abita a Roma lo vede tramontare tra la Sardegna e la Corsica. Virgilio, per la cui fama il borgo di Pietole è più famoso di Mantova, si era liberato del carico gravoso posto dalle domande rivoltegli dall’Alighieri, ma costui era preso come da una sonnolenza prossima a farlo vaneggiare. Tuttavia, le anime degli accidiosi, giungendo alle spalle dei due pellegrini, fecero svanire il senso di torpore, perché correvano veloci, e due che stavano avanti alla turba gridavano piangendo: “Maria, dopo l’Annunciazione, andò sollecita da Elisabetta che abitava in luogo montuoso e Cesare, per soggiogare Lerida, città della Catalogna, assediò Marsiglia e poi corse in Spagna” (si noti che gli esempi di virtù agli antipodi del vizio, vengono presi prima dalla storia sacra e poi da quella pagana). Gli altri, appresso, incitavano alla sollecitudine per non perdere tempo a causa della negligenza affinché ‘studio di ben far grazia rinverda’.
Virgilio, con un giro di parole, chiede loro dove sia il punto più vicino per salire alla costa successiva, ed uno degli spiriti (l’Abate di san Zeno, forse un Gherardo II che avrebbe accolto Federico Barbarossa in uno dei suoi passaggi per Verona, avendone in cambio la giurisdizione su zone del veronese) lo invita a seguirlo, dichiarando che la volontà di correre è così totale, che nessuno può fermarsi, per cui chiede scusa se pare cosa scortese la pena che li obbliga a muoversi con solerzia.
Dichiarata la propria identità, l’anima parla di uno che aveva nominato Abate del monastero suo figlio, zoppo (la Chiesa non desiderava uno storpio alla dignità pastorale), illegittimo perché non nato da giuste nozze e ‘difettoso nell’anima come nel corpo’. Costui – Alberto della Scala, signore della città di Verona, secondo i commentatori quasi coevi a Dante – piangerà tristemente questa sua azione. Il Poeta nota la velocità della corsa di quello spirito, per cui è riuscito a ritenere solo queste poche notizie, tanto egli era andato avanti, ma Virgilio lo distrae dal pensiero indicandogli due anime procedere riprovando la colpa dell’accidia. Esse parlavano degli ebrei che non avevano voluto seguire Mosé nell’attraversare il mar Rosso ed erano rimasti a morire nel deserto; poi (esempio pagano dopo il sacro) dei compagni di Enea che stanziarono in Sicilia perdendo la gloria a cui era teso il figlio di Anchise.
Quando i penitenti si furono allontanati, Dante ha nuovi problemi nella testa, tanto che vaneggia dall’uno all’altro, ma gli occhi si chiusero per il sonno “e ‘l pensamento in sogno trasmutai”.