Alberto Rollo, L'ultimo turno di guardia

Resistere al tempo

Frutto di una lunga gestazione, il poemetto di Alberto Rollo, L’ultimo turno di guardia (1994-2019) viene alla luce da Manni. Rollo dà voce a una sensazione di tempo congelato, immobile. Il suo io poetante è un vegliardo chiuso in una cupola, una sorta di torre metropolitana, di carcere, di ospedale a contatto solo con una figura di carceriere/infermiere/spia. Sospeso su un confine, l’uomo rivede le figure chiave della sua esistenza, come quella del padre. Non c'è morte, non c'è interruzione, non c'è sollievo al presente, solo un durare senza tregua, solo un guardare fine a sé stesso mentre gli uomini si affannano ad andare avanti come hanno sempre fatto.

Ti prego, padre, tu che mi hai voluto,
scaccia nebbie, memorie, caccia te
da me. O abbracciami definitivamente.
Son dove il seme asciuga, ed anche il sangue
lascia letti deserti. Son più vecchio 
di te che pur sei stato vecchio.
Sono il tuo specchio e lo specchio che ti nega.
Cancellami o annegami, risolvi
l’equazione con un colpo di gesso,
con un frego, con un nervoso ripassar
del polso sullo stesso sgorbio. Cacciami
sotto, confondimi di alghe,
con il verde ballerino di carezze,
nostre e non più nostre, con la fine
liquida di ogni diventare. 

Alberto Rollo è nato a Milano nel 1951. Direttore letterario in Feltrinelli, direttore editoriale di Baldini+Castoldi, è ora consulente per la narrativa italiana in Mondadori. Collabora con le pagine culturali di riviste e quotidiani nazionali. Ha tradotto romanzi di autori inglesi e americani tra cui La famiglia Winshaw di Jonathan Coe (Feltrinelli 1995) e A sangue freddo di Truman Capote (Garzanti 2019). Ha scritto per il teatro (Tempi morti nel 1992) e per la televisione. Ha curato l'antologia Che cosa ho in testa (Baldini+Castoldi 2017).