Nicolas Bouvier secondo Paolo Rumiz
La polvere del mondo
Feltrinelli ripubblica ora uno dei suoi testi più belli, La polvere del mondo, uscito nel 1963: il racconto di un viaggio, intrapreso una decina di anni prima, a bordo di una Topolino mezza scassata, in compagnia dell'amico pittore Thierry Vernet, attraverso Jugoslavia, Grecia, Turchia, Iran, Pakistan. Un anno e sei mesi dopo, i due amici si separano a Kabul e Nicolas Bouvier continua da solo il suo cammino attraverso l'India. Pieno di avventure, meraviglie e rivelazioni, La polvere del mondo è anche e soprattutto un viaggio alla scoperta di sé, ormai diventato un classico.
Rai Letteratura ha scelto di farsi guidare alla scoperta di questo libro e di questo autore dal giornalista e scrittore Paolo Rumiz, la cui prefazione inizia con parole che sono tutte un programma: "Non perdete tempo a leggere questa introduzione [.....] potete davvero fidarvi se vi dico che il racconto vi prenderà fin dalla prima pagina, perché avete tra le mani uno dei più grandi libri di viaggio di sempre".
Dopo la fornace della strada Salonicco - Alexandropolis, quale gioia sedersi davanti ad una tavola bianca, sul piccolo molo dal selciato di ciottoli lisci e rotondi. Per un buon momento i pesci fritti ballano come lingotti nei nostri piatti; poi il sole si inabissa dietro a un mare violetto, tirandosi dietro tutti i colori. Penso alle lamentazioni che nelle civiltà primitive accompagnavano ogni sera la morte della luce e all'improvviso, mi sembrano così fondate che mi aspetto di sentire alle mie spalle tutto il villaggio scoppiare in singhiozzi. Ma no, nulla. Devono averci fatto l'abitudine.
Paolo Rumiz, come presenterebbe Bouvier a chi non lo conosce?
Lo presenterei come il più grande viaggiatore del secolo scorso. Ti perdi in ogni sua pagina ed è davvero un autore i cui libri vanno tenuti sul comodino. Lo scrittore svizzero possiede una lingua pazzesca, profonda, raffinatissima, piena di grazia ed essenzialità. Ed aggiungerei che La polvere del mondo non è solo un libro di viaggio ma un libro sulla vita.
La lingua di Bouvier appare empatica con quello che lo circonda, essenziale, in grado di raccontare l'esperienza e resistere alla tentazione di ammorbare il lettore con prolisse descrizioni: è d’accordo?
Assolutamente si. Mio figlio, a cui ho consgliato di leggere La polvere del mondo, mi ha detto che per scrivere le prime tre pagine, lui ne avrebbe impiegate cento! Oltre all'essenzialità è una lingua che vive della simbiosi tra densità e leggerezza e contiene una grande lezione di giornalismo: spogliarsi dell'inutile. Ma lo sa che Terzani, la cui casa era piena di anticaglie, anche di valore, raccolte nei suoi viaggi, tanto da sembrare un museo, quando si ammalò si ritirò in una piccola costruzione con poche cose, qualche libro e la montagna davanti?
Non le sembra che per lo scrittore svizzero il viaggio cominci veramente quando la meta passa in secondo piano?
Non c'è dubbio che per Bouvier la meta è un puro pretesto, perché non è raggiungendola che si accumula esperienza. Il viaggio serve a liberarsi dai pregiudizi, a rendere il tuo zaino meno pesante. L'autore non idealizza nessuno dei luoghi e delle persone che incontra, non mancano malintenzionati e briganti, ma osserva tutto con il suo sguardo disincantato ed acuto.
Com'è l'Oriente che emerge dalle pagine di La polvere del mondo?
Diversissimo da quello di oggi. C'è come una doppia, reciproca illusione: loro ci mitizzano, ci idealizzano; mentre noi pensiamo che l'Oriente sia ancora quello di Byron. Mi è capitato di fermarmi, al confine tra Persia ed Afghanistan, in una sala da thè che sembrava fatta apposta per compiacere l'immaginario di noi occidentali. D'altra parte arrivando ad Istanbul alla stazione ferroviaria di Sirkeci - inaugurata nel 1890 come capolinea dell'Orient Express -, nella parte europea della città e nel quartiere omonimo dove arrivano i treni internazionali, si ha l'impressione che sia fatta ad immagine e somiglianza di come l'avrebbero immaginata delle vecchie signore inglesi.
Non prova nostalgia leggendo la cronaca di viaggi oggi irripetibili, in paesi afflitti da tanti terribili conflitti di ieri e di oggi - come i Balcani, la Siria, l'Afghanistan - ma anche altri come Turchia e Iran che vivono comunque anni complicati?
Certo oggi un viaggio cosi non lo potresti fare, ma io ho viaggiato a bordo di una Topolino sugli Appennini e già a dieci chilometri da Bologna ti ritrovi in una natura selvatica, tanto che ho pensato che se fossi finito in un burrone mi avrebbero ritrovato tra seimila anni! Vanno tutti a Santiago, ma lo sa che erano due secoli che nessuno seguiva il viaggio che ho fatto percorrendo a piedi tutta l'antica Via Appia da Roma a Brindisi?
Finiamo ricordando l'episodio in cui Bouvier perde i suoi appunti e scava a lungo in una fetida discarica nel vano tentativo di ritrovarli. A lei è mai capitato?
Beh, quello è l'incubo di qualsiasi giornalista, anche non scrittore. Quella parte del testo sembra un sogno, la discarica pare vivere in una dimensione quasi onirica. Comunque a me è capitato che mi rubassero uno zaino mentre viaggiavo in treno tra Napoli e Roma. Ero appena rientrato da un viaggio e quel bagaglio conteneva anche gli appunti che mi sarebbero dovuti servire per scrivere poi un libro. Ma sa cosa ho fatto, passati i primi giorni di sconcerto e disappunto? Ho invitato a cena a turno vari amici raccontandogli ciò che di quel viaggio mi ricordavo ed alla fine, basandomi su quello, ho poi 'riscritto' un libro migliore di quello che sarebbe venuto fuori seguendo il filo rosso dei miei appunti.