L'incipit della Gerusalemme liberata di Tasso letto da Ivano Marescotti

Biblioteca Ariostea, Palazzo Paradiso

Per festeggiare il decennale dell’associazione culturale “Gruppo del Tasso” di Ferrara nel 2020 l'attore Ivano Marescotti ha letto nella Biblioteca Ariostea di Palazzo Pardiso una serie di poesie selezionate da Cinzia Demi. L'evento si è aperto con la lettura da parte di Marescotti delle prime cinque ottave della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, che qui vi proponiamo. Nei primi versi del poema l'autore propone anzitutto l'enunciazione della materia epica con anticipazione della vittoriosa conclusione della Crociata e la presentazione di Goffredo di Buglione, poi invoca la Musa, a cui spiega la scelta artistica di inserire intermezzi romanzeschi nella trama storica, per divulgare la materia dell'opera. In grande evidenza l'elemento encomiastico, con la dedica del poema ad Alfonso II d'Este che potrà assumere il comando di una nuova crociata per liberare il Santo Sepolcro.

Canto l'arme pietose e 'l capitano
che 'l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co 'l senno e con la mano,
molto soffrí nel glorioso acquisto;
e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano
s'armò d'Asia e di Libia il popol misto.
Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
segni ridusse i suoi compagni erranti.

O Musa, tu che di caduchi allori
non circondi la fronte in Elicona,
ma su nel cielo infra i beati cori
hai di stelle immortali aurea corona,
tu spira al petto mio celesti ardori,
tu rischiara il mio canto, e tu perdona
s'intesso fregi al ver, s'adorno in parte
d'altri diletti, che de' tuoi, le carte.

Sai che là corre il mondo ove piú versi
di sue dolcezze il lusinghier Parnaso,
e che 'l vero, condito in molli versi,
i piú schivi allettando ha persuaso.
Cosí a l'egro fanciul porgiamo aspersi
di soavi licor gli orli del vaso:
succhi amari ingannato intanto ei beve,
e da l'inganno suo vita riceve.

Tu, magnanimo Alfonso, il quale ritogli
al furor di fortuna e guidi in porto
me peregrino errante, e fra gli scogli
e fra l'onde agitato e quasi absorto,
queste mie carte in lieta fronte accogli,
che quasi in voto a te sacrate i' porto.
Forse un dí fia che la presaga penna
osi scriver di te quel ch'or n'accenna.

È ben ragion, s'egli averrà ch'in pace
il buon popol di Cristo unqua si veda,
e con navi e cavalli al fero Trace
cerchi ritòr la grande ingiusta preda,
ch'a te lo scettro in terra o, se ti piace,
l'alto imperio de' mari a te conceda.
Emulo di Goffredo, i nostri carmi
intanto ascolta, e t'apparecchia a l'armi.