Leah Hager Cohen, Matrimonio in cinque atti

Una festa movimentata

Ha un impianto teatrale il romanzo di Leah Hager Cohen, Matrimonio in cinque atti, pubblicato da Sur nella traduzione di Elisa Banfi. Si svolge nel giro di pochi giorni a Rundle Junction, un piccolo centro negli Stati Uniti. Il matrimonio del titolo è quello di Clem, ventiduenne studentessa di teatro, che ha invitato una marea di amici a casa dei suoi genitori a festeggiare la sua unione con la fidanzata Diggs, che ha qualche anno più di lei, è nera, di buona famiglia e molto determinata. Leah Hager Cohen si sposta dal personaggio della zia Glad, in bilico tra i ricordi del passato che la sua casa evoca in lei e la curiosità per la varia gioventù che la circonda, agli altri figli di Bennie e Walter, ai cugini, agli amici. Non c’è niente di convenzionale nella cerimonia che ci si appresta a celebrare dai Blumenthal, a partire dal sesso delle spose, e l’estro collettivo dovrà ovviare agli innumerevoli ostacoli che minacceranno il buon esito della festa. Sullo sfondo c’è la preoccupazione dei coniugi, che aspettano il quinto figlio, all’idea di dover cambiare casa per i costi della ristrutturazione non più rimandabile e il problema degli ebrei ortodossi che stanno invadendo la cittadina. Un romanzo in cui, di là da passeggere incomprensioni e vivaci scontri, circolano affetti profondi e si sente scorrere la vita con tutto il suo mistero.

Gli stessi fili riaffiorano di continuo, ma il tessuto è fatto di deviazione, tassellazione, trasformazione. Nessun disegno viene mai riprodotto alla lettera. È l'estasi della vita. Estasi, dal greco antico ek, fuori e histanai, stare. Estasi: la condizione di non essere fissato, vincolato, scolpito nella pietra. Sapere che siamo sempre in movimento. Questa è la felicità. 


Leah Hager Cohen è autrice di sei romanzi e cinque opere di non fiction. Insegna scrittura creativa al College of the Holy Cross, in Massachusetts. In italiano è già uscito Come un petalo bianco d’estate (Garzanti 2013), inserito tra i libri dell’anno dal New York Times e longlisted all’Orange Prize.