Luigi Zoja, Narrare l'Italia

Dal vertice del mondo al Novecento

In Italia lo Stato è debole, mentre l’italianità è forte: il saggio di Luigi Zoja, Narrare l’Italia, Dal vertice del mondo al Novecento, pubblicato da Bollati Borighieri, ripercorre in modo chiaro e documentato la storia del nostro Paese dal punto di vista dell’immagine che l'Italia ha di sé e di come viene percepita all’estero. L’età più gloriosa nella storia italiana è stata quella dei Comuni: non solo c'è stata una fioritura culturale strepitosa (nel 1840 in Europa c’erano 110 stampatori, di cui 50  italiani), ma anche il reddito procapite di chi viveva in Italia era molto più alto di chi viveva in Francia o in quella che sarebbe diventata la Germania e il Rinascimento ha segnato il trionfo del soft power italiano. Un altro punto che sta molto a cuore a Zoja è l’importanza degli “umili”: c’è una linea di continuità tra san Francesco, Dante, Giotto e il neorealismo cinematografico; l’arte italiana ha raggiunto le sue vette mettendo al centro della rappresentazione il popolo. Nel libro si dà poi conto delle “leggende nere”: la denigrazione di Paesi come la Spagna e l’Austria, visti solo come nemici e invasori senza prendere in considerazione l’avanzamento che portarono all’Italia. Chiude la trattazione il periodo fascista, da molti considerato una sorta di parentesi (il mito degli italiani "brava gente"), ma qui visto come logica prosecuzione dell’atteggiamento già tenuto in occasione delle imprese coloniali italiane, caratterizzate da razzismo e violenza. Non fu Mussolini a imitare Hitler, ma il secondo a prendere ispirazione dal primo, come furono le SS a studiare i metodi applicati dagli italiani nei confronti dei coloni da dominare e sfruttare. Un libro che si fa leggere grazie alla piacevolezza dello stile e uno strumento di grande importanza per mettere in discussione concetti consolidati e visioni precostituite. 

Nel Rinascimento l’Italia era al vertice del soft power. Pur con tutti loro meriti, la Roma antica – e oggi gli Stati Uniti, punto d’arrivo del cosiddetto imperialismo occidentale – rappresentano invece l’hard power. Esso può anche perseguire scopi nobili, ma funziona solo finché conserva una superiorità di mezzi. Dall’XI al XVI secolo l’Italia mancava l’hard power del re di Francia o dell’imperatore germanico, il cui sterminato potere però s’inchinava alle antichità rimaste sul territorio italiano e alle nuove creazioni artistiche che l’Italia produce in quantità crescenti.

Luigi Zoja è psicoanalista e saggista. Già presidente della IAAP, l’associazione internazionale degli analisti junghiani, ha lavorato a Zurigo, New York, Milano e pubblicato testi tradotti in quindici lingue. Presso Bollati Boringhieri sono usciti: Il gesto di Ettore. Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre (2001, nuova ed. 2016), Giustizia e Bellezza (2007), Contro Ismene. Considerazioni sulla violenza (2009, Premio Internazionale Arché), Al di là delle intenzioni. Etica e analisi (2011), Paranoia. La follia che fa la storia (2011, nuova ed. 2023), Psiche (2015), Centauri. Alle radici della violenza maschile (nuova ed. rivista, aggiornata e ampliata, 2016), Dialoghi sul male. Tre storie (2022) e Sotto l’iceberg. Presenze inconsce nella società e nella storia (2023). Ha vinto per due volte (2002 e 2008) il Gradiva Award della National Association for the Advancement of Psychoanalysis, assegnato ogni anno negli Stati Uniti alla saggistica psicologica.