Andrea Pomella, Vite nell'oro e nel blu

Quelli di Rosati

In Vite nell’oro e nel blu (Einaudi), Andrea Pomella racconta quattro pittori: Mario Schifano, Franco Angeli, Francesco Lo Savio e Tano Festa, la loro amicizia e la Roma teatro delle loro follie. Siamo negli anni cinquanta-ottanta e questi artisti segnano un’epoca, attraverso un’espressione artistica nuova e un comportamento eccessivo, fuori da ogni regola. Su tutti domina la figura di Mario Schifano: Pomella descrive momenti della sua infanzia in Libia, l’esperienza del campo profughi, l’allergia alla scuola, i primi lavoretti, la scoperta del talento, l’incontro con Tano Festa e poi quello con Franco Angeli. Il più defilato e quello dal destino più tragico è Francesco Lo Savio, fratello di Tano Festa che, a differenza degli altr,i non può contare sulla solidarietà del gruppo e muore suicida a Marsiglia a ventotto anni. Sono molti gli episodi estremi riportati in questo romanzo: c’è droga in quantità, usata per continuare a dipingere a getto continuo, c’è sesso, c’è violenza, c’è tanta infelicità, c'è tanta ricerca incompiuta di sé fuori dagli schemi borghesi e soprattutto c’è una città che, lungi da essere sfondo delle vicende, con la sua luce e le sue atmosfere, è la vera protagonista del libro.

Festa, Angeli e Schifano. Per anni li hanno citati insieme, come una cantilena. Erano quelli di Rosati, i pittori popolari, nella duplice accezione: famosi e al contempo figli del popolo. Non dominavano solo la scena dell'arte, ma anche quella della mondanità, erano i pittori comunisti che folleggiavano con le principesse, bocconi succulenti per paparazzi, giornalisti da rotocalco, inventori di nuove mitologie pagane. E loro non si sono sottratti, hanno fatto tutto alla luce del sole mettendo in pratica la loro idea di libertà, vivendo a rotta di collo, disinvolti e sfacciati, ma con in testa una priorità, che per tutti e tre ha sempre e solo riguardato la pittura. I critici piú sofisticati li hanno blanditi, i mercanti li hanno spremuti, i collezionisti li hanno braccati. Loro hanno guadagnato soldi, in certi anni profusamente, mai però abbastanza per il loro reale valore. A ogni modo hanno finito per sperperare tutto, come se sempre nel loro inconscio prendesse il sopravvento l'idea che la ricchezza è il vero scandalo dell'uomo. Ora quel tempo è finito.

Andrea Pomella è nato a Roma nel 1973. Ha pubblicato per Einaudi L'uomo che trema (2018, Premio Napoli 2019 e Premio Wondy 2020), I colpevoli (2020), Il dio disarmato (2022) e Vite nell'oro e nel blu (2025). Ha scritto anche Il soldato bianco (Aracne 2008), 10 modi per imparare a essere poveri ma felici (Laurana 2012), La misura del danno (Fernandel 2013), Anni luce (Add 2018) e A Edimburgo con Irvine Welsh. Il sogno di un dio folle (Perrone editore).

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