Paola Cereda, L'unico finale possibile
Il miraggio del campione
Ambientato a Pietra Alta, un quartiere periferico di Torino, L’unico finale possibile di Paola Cereda (Bollati Boringhieri) racconta di una coppia di trentenni, Leonardo e Gioia che si ritrovano a ospitare un ragazzino senegalese, Momo. Gioia l'ha incontrato a Casa Aperta, la struttura per emigrati in cui lavora. Lui dormiva in strada, non parlava italiano, era sporco e affamato; lei, dopo aver provato a indirizzarlo verso una comunità per minori. decide di portarselo nella casa di cinquanta metri quadri in cui vive con il suo compagno Leo. La storia di Momo, che somiglia a quella di oltre sessantamila ragazzi africani, che lasciano i loro paesi con il miraggio di diventare calciatori in Europa, è quella di una spaventosa truffa: finti procuratori si fanno pagare da famiglie poverissime per assicurare ai loro figli un futuro nel mondo del calcio; la maggior parte di loro, una volta arrivata in Europa, viene abbandonata a sé stessa. Momo sente di aver tradito le speranze della madre, e nonostante l’affetto e il sostegno di Leo e Gioia, lontano da casa è un ragazzo spezzato: oltre al valore narrativo L'unico finale possibile ha un forte contenuto di denuncia sociale.
Paola Cereda, psicologa, scrittrice e regista di teatro comunitario, si occupa di progetti artistici e culturali nel sociale. Per due volte finalista al Premio Calvino, ha pubblicato sei romanzi: Della vita di Alfredo (2009); Se chiedi al vento di restare (2014); Le tre notti dell’abbondanza (2015 e 2020); Confessioni audaci di un ballerino di liscio (2017), finalista premio Rapallo; Quella metà di noi (2019), selezionato nella dozzina del Premio Strega e finalista del Premio Radio3 Fahrenheit; La figlia del ferro (2022), vincitore del Premio FiuggiStoria 2022 per il romanzo storico e del Premio Wondy 2023, Giuria popolare. Insegna scrittura alla Scuola Holden di Torino.Momo è un seme che può restare, perdersi oppure trovare spazi nuovi per diventare albero, fiore, frutto e seme: per ricominciare. È questa la possibilità che Momo ancora difende, essere sé stesso dopo un lungo girovagare. Non era preparato al prezzo di questa avventura. La lontananza da tutte le madri - la madre che è carne, che è terra, che è lingua - lo costringe al peggiore dei mali: sentirsi abbandonato e senza appigli. Io e Gioia non riusciamo a confortarlo. Ci sono giorni, come oggi, nei quali non riusciamo neppure a sfiorarlo.