Chiara Mezzalama, L'inadatta
Fare arte insieme
Al centro dell’Inadatta di Chiara Mezzalama, pubblicato da Nutrimenti, c’è la figura di Grace, artista dalla vita travagliata e controcorrente. Nasce negli anni quaranta negli Stati Uniti in una famiglia borghese, si appassiona da piccola alla danza, scappa con un rugbista neozelandese e va con lui alle Hawaii. Quando il matrimonio finisce, l’ex marito si trasferisce in Nuova Zelanda e le porta via la figlia. Grace s’innamora di Sam, un trombettista afroamericano che suona con John Coltrane, ha due bambini, stringe un forte legame con l’ex moglie e la madre di lui. Sam abusa di alcol e droghe e Grace è costretta a lasciarlo; quando scopre che è in fin di vita, lo riaccoglie in casa e gli sta accanto fino alla fine. Invitata da amici in Italia, Grace, che nel frattempo si è fatta un nome nella danza moderna anche come insegnante, si trasferisce qui con i due figli, accettando le nuove sfide che la sua professione le lancia. Un ritratto appassionante non solo di una donna piena di intraprendenza, ma anche di un'epoca d'ora della cultura negli Stai Uniti, quegli anni sessanta e settanta in cui tutto sembrava possibile e c'era una gran commistione tra le arti.
Chiara Mezzalama è nata a Roma il 28 settembre 1972. Scrittrice, traduttrice e psicoterapeuta, vive tra Parigi e Roma e ha due figli. Per la casa editrice E/O ha pubblicato i romanzi: Avrò cura di te, Il Giardino persiano, Dopo la pioggia (presentato al Premio Strega 2021 da Jhumpa Lahiri) e Le nostre perdute foreste. Dal suo secondo romanzo è stata tratta una versione illustrata dal titolo Le jardin du dedans-dehors, (Éditions des Éléphants 2017), vincitrice del prestigioso Prix Sorcières 2018 e pubblicata in italiano da Orecchio Acerbo editore. Era a Parigi durante gli attentati del 2015 e ha scritto Voglio essere Charlie: diario minimo di una scrittrice italiana a Parigi (Edizioni Estemporanee). Insegna letteratura presso l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, collabora con l’associazione Piccoli Maestri e con il museo del Louvre. Collabora con la rivista Leggendaria.Il tempo della lezione volava e avrei voluto farne un’altra e un’altra ancora, vivere in un mondo di danza dove non avrei dovuto pensare a nient’altro. Faticare, sforzarmi per ottenere una forma, una qualità di movimento, mi sembrava un modo per compiere qualcosa di utile, giusto, qualcosa di ben fatto. Non mi succedeva mai nella vita di sentirmi così soddisfatta come alla fine di un esercizio.