Serena Vitale, Cartella clinica

Il libro più intimo della grande slavista

Chi da anni segue ed apprezza il prezioso lavoro, non solo di slavista, ma anche di traduttrice e scrittrice di Serena Vitale, rimarrà forse sorpreso da questo piccolo, delizioso libro, Cartella clinica, pubblicato da Sellerio, che altro non è se non una lettera d' amore alla sorella scomparsa troppo presto e in modo drammatico, in un ospedale psichiatrico dove era stata ricoverata a causa della schizofrenia. Una storia molto personale, tutta giocata sul filo della memoria familiare, che si snoda dalla natia Brindisi fino a Roma, in un continuo alternarsi di memorie e documenti. Un testo per tanti versi doloroso, struggente, ma che non cede mai al "dolorismo" di certa letteratura contemporanea, e trova un mirabile equilibrio grazie ad una lingua scarna, in cui non una sola parola va sprecata, riuscendo persino, in alcuni momenti, a strappare un sorriso.

Nell’aprile 1958, Rossana, studentessa del Conservatorio e già valente pianista, inizia a guardarsi allo specchio con insistenza, preoccupata di avere gli "occhi storti" – quegli occhi che da sempre cerca di cavare alle bambole che le vengono regalate. "Voci" squarciano le sue notti, inesistenti quanto, per lei, implacabili. È l’esordio della "sindrome schizofrenica"; Rossana ha appena compiuto diciassette anni, Serena ne ha solo tredici. Il 24 settembre 1961, a Roma, nell’ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà, Rossana viene trovata morta. Cartella clinica è il romanzo-indagine sulla malattia della sorella. Le prime manifestazioni di insania che i familiari non riconoscevano ancora come tali, i ricoveri, le cure, sempre più pesanti, dolorose: "ad ogni ritorno la vedevo cambiata. Gli stessi lineamenti, ma come appiattiti, e i bellissimi occhi dilatati, senza luce". 
E portarla da uno psicanalista?
Da chiiiiii?
Da uno di quei medici che curano la mente. Quando stavo in America da zio Navino io ci andavo.
Il nonno: Si vede come ti hanno curato. Finocchio sei rimasto!
Durante uno dei sempre più frequenti conciliaboli familiari attorno al grande tavolo, a casa dei nonni (io origliavo dalla porta che dava sulla stanza di mezzo, quella con la libreria chiusa a chiave, tre poltrone ed il tavolino su cui stava il telefono che poteva usare solo il nonno), sentii parole sconosciute, nomi di farmaci evidentemente: insulina, perfenazina, reserpina, clorpromazina. E poi senza l'ina finale: lobotomia.


Serena Vitale  è scrittrice, slavista, traduttrice di autori quali Cvetaeva, Brodskij, Bulgakov, Dostoevskij, Kundera, Mandel’štam, Nabokov, e molti altri. Tra i suoi libri: Il bottone di Puškin (1995), La casa di ghiaccio (2000), L’imbroglio del turbante (2006), Il defunto odiava i pettegolezzi (2015), per i quali ha ricevuto importanti riconoscimenti, come il Premio Chiara, il Grinzane Cavour, il Bagutta, il Brancati e altri.