Roberto Abbado dirige Haydn
Sinfonia in re maggiore Hob I n. 93 (1791)
Nel 1790 il principe Nicolaus Estherházy moriva, lasciando la corte di Estherháza orfana di una figura illuminata. Il suo successore decideva di sciogliere l’orchestra e Haydn, dopo trent’anni di onorata attivita come Kapellmeister, si trovava costretto ad andare alla ricerca di un nuovo protettore. Da Londra arrivò una allettante proposta, direttamente sottoscritta da Johann Peter Salomon, l’organizzatore della stagione di concerti più frequentata dal pubblico londinese; Haydn accettò e il primo dell’anno del 1791 si trovava su una traballante nave-traghetto a contemplare le bianche scogliere di Dover. Arrivato a Londra, notevole fu lo shock prodotto dall’incontro con la grande metropoli; tutto era carissimo, confusionario e per la città circolava una disarmante quantità di birra. A Londra Haydn era famosissimo e ogni sera si trovava costretto a cenare con una nobile famiglia di ammiratori; ma con quella gente non si trovava a suo agio; cosi descriveva in una lettera del 1791 quell’eccessiva mondanità: ≪Sono stato in compagnia di nobili, imperatori, re e grandi signori, ma non desidero vivere in intimità con questi signori, preferisco stare con gente della mia classe sociale≫.
Haydn aveva l’impegno di presentare ogni settimana composizioni nuove ai concerti organizzati da Salomon; la sua musica destava reazioni entusiastiche e anche il suo fascino di sessantenne pare non fosse disprezzato dalle signore locali. Il culmine della fama arrivò nel luglio del 1791, quando addirittura l’Università di Oxford si fece viva con una laurea honoris causa.
La n. 93 è la prima delle dodici sinfonie composte da Haydn a Londra. Scritta nel 1791, fu eseguita per la prima volta nelle Hanover Square Rooms il 17 febbraio dell’anno successivo. La sua introduzione, come spesso accade nelle ‘londinesi’, avanza con quella pomposità un po’ affettata che agli inglesi piaceva tanto, ma che probabilmente per Haydn, abituato ai modi schietti della famiglia Estherházy, era un modo di sghignazzare sotto i baffi di fronte agli sfarzi un po’ artificiosi della corona inglese. Si capisce subito, non appena prende forma l’Allegro assai, con i suoi temi gioviali e popolareggianti, che quell’introduzione non va presa sul serio. E stesso discorso vale per il movimento successivo, con il suo andamento regolare, solenne come una marcia regale; tutto è perfetto, finchè, proprio verso la conclusione, un intervento solistico del fagotto non arriva a squarciare ogni compostezza con un versaccio rumoroso e insolente.
Haydn aveva l’impegno di presentare ogni settimana composizioni nuove ai concerti organizzati da Salomon; la sua musica destava reazioni entusiastiche e anche il suo fascino di sessantenne pare non fosse disprezzato dalle signore locali. Il culmine della fama arrivò nel luglio del 1791, quando addirittura l’Università di Oxford si fece viva con una laurea honoris causa.
La n. 93 è la prima delle dodici sinfonie composte da Haydn a Londra. Scritta nel 1791, fu eseguita per la prima volta nelle Hanover Square Rooms il 17 febbraio dell’anno successivo. La sua introduzione, come spesso accade nelle ‘londinesi’, avanza con quella pomposità un po’ affettata che agli inglesi piaceva tanto, ma che probabilmente per Haydn, abituato ai modi schietti della famiglia Estherházy, era un modo di sghignazzare sotto i baffi di fronte agli sfarzi un po’ artificiosi della corona inglese. Si capisce subito, non appena prende forma l’Allegro assai, con i suoi temi gioviali e popolareggianti, che quell’introduzione non va presa sul serio. E stesso discorso vale per il movimento successivo, con il suo andamento regolare, solenne come una marcia regale; tutto è perfetto, finchè, proprio verso la conclusione, un intervento solistico del fagotto non arriva a squarciare ogni compostezza con un versaccio rumoroso e insolente.
Tutte soluzioni che preludono ai capricci dell’ultimo movimento, Presto ma non troppo, nel quale c’è anche spazio per una citazione, in chiusura, del ≪Viva la libertà≫ che Mozart mette in bocca a Don Giovanni nella festa tragica del primo atto. Un accenno di politica? Neanche per sogno: Haydn sta giocando e la sua dedizione alla libertà resta ferma lì, tra i rassicuranti confini dell’impegno ludico.Il Minuetto procede sulla strada dell’umorismo, cercando soluzioni timbriche originali soprattutto nel Trio con quel confronto serrato tra le nerborute fanfare degli ottoni e le vezzose risposte degli archi.