Werther di Jules Massenet

Dramma lirico in quattro atti

Dramma lirico in quattro atti di Édouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann
Werther, drame lyrique in quattro atti di Édouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann dal romanzo epistolare I dolori del giovane Werther di Goethe, composto da Massenet nel 1887 e messo in scena per la prima volta alla Staatsoper di Vienna nel 1892, è tornato dopo molti anni al Teatro La Fenice, per la stagione 2018/19, nell’allestimento firmato dalla regista Rosetta Cucchi, con le scene di Tiziano Santi, i costumi di Claudia Pernigotti e le luci di Daniele Naldi, con la direzione di Guillaume Tourniaire. 
Andato in scena per la prima volta il 16 febbraio 1892 alla Hofoper di Vienna, Werther è considerato il capolavoro di Jules Massenet, composto sulla soglia dei suoi cinquant’anni e dopo i successi di Manon e Hérodiade. Il libretto, di Édouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann, è tratto dal celebre Die Leiden des jungen Werther (I dolori del giovane Werther), romanzo epistolare di Goethe del 1774, presto divenuto un best-seller in tutta l’Europa preromantica. È suggestivo, anche se non del tutto attendibile, il racconto che Massenet fa del suo incontro con l’opera letteraria nel libro di memorie Mes souvenirs: egli ricorda come il suo editore Georges Hartmann lo accompagnasse a Bayreuth per il Parsifal, offrendogli una traduzione francese del romanzo di Goethe allorché, sulla via del ritorno a Parigi, fecero tappa a Wetzlar, il luogo originale della vicenda. Leggendolo al tavolo di una birreria locale egli si sentì commosso fino alle lacrime, specie dalla citazione dei versi di Ossian «Pourquoi me réveiller» che Werther avrebbe poi cantato in un drammatico snodo dell'opera. 
Rosetta Cucchi così descrive la sua chiave di lettura del capolavoro di Massenet:

Sono partita dall’idea che possiamo intendere e raffigurare Werther come prototipo dell’eroe romantico, ma forse il dolore più grande che lui prova, e che lo porta al suicidio, è proprio la mancanza di un sogno ‘familiare’, di una vita insieme a Charlotte, che nessuno dei due è riuscito a conseguire.

Complice anche l’opera di Massenet, dove – più che in Goethe – l’amore non è più soltanto ‘unidirezionale’, ma condiviso anche dalla stessa Lotte, ho immaginato che il motore della sua disperazione fosse proprio questo tassello mancante: un’esistenza costruita giorno per giorno da piccoli gesti, da piccoli momenti passati insieme. È per questo che ho disegnato una casa – simbolo per antonomasia della condivisione degli affetti – che si allontana sempre di più, appunto come un sogno familiare che via via si fa più distante, fino a scomparire. Quindi ho pensato a un sentimento non solo romantico, irraggiungibile, eccessivo, ma anche concreto, tangibile, che rimane un sogno perché a ciascuno dei due protagonisti è mancato il coraggio di rischiare». 
L’elemento del Werther che parla con più forza alla contemporaneità è, secondo il direttore d’orchestra Guillaume Tourniaire «la fragilità umana. Ascoltiamo come Massenet ha saputo parlarci delle gioie, dei dubbi, degli amori, del malessere, della disperazione, dei sollievi, delle ambiguità di tutti i suoi protagonisti. Tanti hanno visto in lui sentimentalismo o affettazione dove c’è invece un’immensa sensibilità e una straordinaria conoscenza dell’essere umano. Un secolo dopo les lumières, quando la società restava ancora sotto la stretta influenza della Chiesa e preda di numerosi sussulti politici, Massenet ha saputo commuoverci, con raffinatezza, emozione e pudore, pur cantando l’impossibile amore, il rimorso del tradimento, la gelosia, la delusione e il suicidio».

Teatro La Fenice di Venezia
Werther - Jean-François Borras 
Charlotte - Sonia Ganassi 
Podestà - Armando Gabba
Albert - Simon Schnorr    
Sophie - Pauline Rouillard
Schmidt - Christian Collia
Johann - William Corrò

Regia di Rosetta Cucchi
Direttore Guillaume Tourniaire
Regia televisiva Arnalda Canali


Foto: Michele Crosera