Giacomo Puccini e Arturo Toscanini

La grande storia del Teatro alla Scala

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        Puccini è l’erede di Verdi che il mondo del teatro musicale italiano sta cercando. Ma il rapporto del compositore toscano con il Teatro alla Scala e con Milano non è tra i più idilliaci. Nella capitale del melodramma, Puccini studia musica, mantenendosi a stento e dividendo la minestra e una misera stanza con Pietro Mascagni, e conosce, sì, una delle sue prime affermazioni con Edgar, ma, anche, la sconfitta più bruciante della sua vita: l’insuccesso della prima di Madama Butterfly (1904). Toscanini gli vieta addirittura l’ingresso in Teatro, Puccini risponde con epiteti infamanti. La fortuna scaligera di Puccini sarà solamente postuma e proprio lo stesso Toscanini contribuirà a decretarla, dirigendo l’incompiuta Turandot e fermandosi lì dove la mano del compositore era arrivata a scrivere l’ultima nota, per pronunciare le famose parole: “Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto”.

        Toscanini è l’autore di una delle più fragorose rivoluzioni avvenute alla Scala e non solo. L’archetipo, si potrebbe definire, per qualunque direttore d’orchestra sia salito, dopo di lui, sul podio scaligero o su qualsiasi altro.

        Ogni direttore d'orchestra – anche chi, come me, è nato in Gran Bretagna e cresciuto negli Stati Uniti – deve prima o poi confrontarsi con il fantasma di Arturo Toscanini
        Antonio Pappan0

        Se, prima di Toscanini, i grandi divi sono i cantanti e i compositori, con lui la personalità di riferimento diventa il direttore d’orchestra. Un artista audace, che compie una modernizzazione radicale del repertorio internazionale e che, prepotentemente, apre le porte ai contemporanei e a Wagner.

        Il video proposto è tratto da Teatro alla Scala: Il tempio delle meraviglie, di Luca Lucini, Silvia Corbetta, Piero Maranghi (Italia, 2015).

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