Hector Louis Berlioz, "Grande messe des morts"

Santa Cecilia inaugura la stagione 2019/20

Davanti alla ‘Grande messe des morts’ di Hector Louis Berlioz si rimane a bocca aperta. E non per i decibel dei fortissimo che orchestra e coro sono chiamati a fare ripetutamente: lo stupore è per la grandezza di Dio che quelle note raccontano
Antonio Pappano

Per l’inaugurazione della stagione 2019/20 dell’Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il M° Antonio Pappano ha scelto il Requiem Grande Messe des morts di Hector Louis Berlioz, che Rai Cultura ha proposto in prima tv giovedì 31 ottobre alle 21.15, su Rai5. A quello di Santa Cecilia si è unito, per l’occasione, il Coro del Teatro San Carlo di Napoli, mentre all’Orchestra ha dato «man forte» la Banda musicale della Polizia di Stato. Tenore solista Javier Camarena.
Proprio la necessità di un organico così imponente ha sempre reso di rara e difficile esecuzione quest’opera, tanto che nel cartellone – pure ultracentenario - dell’Orchestra di Santa Cecilia è solamente la quinta volta che compare: la prima nel 1926, poi nel 1953, nel 1968 e, ultima, nel 1999. 
La scelta di un’opera di Berlioz per questo inizio di stagione non è affatto casuale. Il 2019 ha segnato, infatti, il centocinquantesimo anniversario della morte del compositore francese, scomparso a Parigi l’8 marzo 1869. 

Berlioz nasce nel 1803. Il padre, medico, desidera che il figlio segua la stessa strada, ma il giovane Hector Louis, dopo una breve frequentazione, abbandona quasi subito la Facoltà di Medicina, per intraprendere gli studi musicali. D’altronde, tra i quattordici e i quindici anni, aveva già iniziato a comporre (la sua prima opera è Pot-pourri concertant sur des thèmes italiens pour flûte, cor, 2 violons, alto et basse), proseguendo poi, senza più arrestarsi, fino all’anno precedente la morte. Nel 1830, ottiene il Prix de Rome, borsa che gli consente di approfondire gli studi presso l’Accademia di Francia a Roma. Contrariamente a tanti altri artisti stranieri dell’epoca, non s’innamora della capitale pontificia: non la capisce, come non capisce e non apprezza la musica italiana del tempo; nel nostro Paese gode esclusivamente del contatto con le persone più semplici, i contadini innanzitutto, e del paesaggio naturale.

Tornato a Parigi nel 1832, riscuote maggior successo come critico musicale (scrive per l’Europe littéraire, la Gazette musicale, il Journal des Débats) che come compositore. Ciononostante, nel 1837, il ministro dell’Interno Adrien de Gasparin gli commissiona il Requiem Grande messe des morts (op. 5, n. H 75), che diverrà una delle opere più note di Berlioz, la più amata dallo stesso autore.

Se fossi minacciato della distruzione di tutti i miei lavori tranne uno, chiederei misericordia per la ‘Messa dei morti’
Hector Louis Berlioz

La prima esecuzione della Grande messe è del 5 dicembre 1837, in suffragio del generale Charles Marie Denys de Damrémont e dei soldati caduti nell’ottobre dello stesso anno nell’assedio di Costantina. Presso la Cappella di Les Invalides, François Antoine Habeneck dirige un complesso di duecento coristi, un’orchestra di 140 strumentisti, quattro raggruppamenti supplementari di strumenti a fiato posti ai lati dell’orchestra, sedici timpani, due grancasse, tam-tam, tre paia di piatti, nei dieci movimenti del Requiem, che si differenziano non soltanto per le tradizionali diversità di ordine melodico, timbrico e dinamico, ma - ed è questa una sua peculiarità - anche per i lineamenti drammatici propri di ciascuno di essi ed espressi per mezzo della forma musicale. Berlioz rimetterà mano al Requiem nel 1852 e nel 1867, due anni prima della sua morte. 

È un soggetto di una grandiosità e di una poeticità formidabili e a tutta prima ne sono rimasto schiacciato; ma poi mi sono risollevato, ho dominato il tema e ora credo di aver creato una grande partitura
Hector Louis Berlioz

Convinto di avere una missione da compiere – la realizzazione di un ideale artistico che deve coincidere con la propria vita -; vittima di facili entusiasmi come di altrettanto facili delusioni e conseguenti stati di depressione; predisposto ad improbabili innamoramenti; dotato di sottile umorismo, nonché di pungente sarcasmo, che, non poche volte, lo rendono inviso al potere; simpatizzante di idee rivoluzionarie; sostenitore di utopie filantropiche, Berlioz ha un rapporto di reciproca diffidenza con il mondo musicale e politico parigino e, quindi, a partire dal 1842, non esita a cogliere l’opportunità d’impegnarsi in una serie di tournée che lo porteranno in Inghilterra, Germania e Russia e che cambieranno radicalmente la sua vita. Stringe una forte amicizia con Franz Liszt e Fryderyk Chopin e conosce Richard Wagner col quale stabilisce un rapporto amichevole, che, presto, si trasformerà in reciproco odio. 

La sua posizione di artista e intellettuale in profondo dissidio con la società, le sue predilezioni e le sue idiosincrasie, l’importanza del suo contributo al grande sinfonismo ottocentesco, la sua stessa maggior fortuna in Germania piuttosto che in Francia, tutto questo sembra riservargli, secondo un criterio di affinità culturale piuttosto che nazionale, un posto elettivo nella trattazione del vero e proprio romanticismo musicale, come interlocutore privilegiato di Liszt, Schumann e Wagner
Fabrizio Della Seta, musicologo

L’insolita collocazione di Berlioz nel panorama musicale europeo è stata causa, fino ad oggi, di una serie di considerazioni sulla sua opera, che si sono convertite in luoghi comuni: sia da parte di chi lo ha tratteggiato come il profeta della modernità, sia da parte di chi ne ha diminuito la personalità per via di presunte carenze armoniche, dovute alla mancanza di pratica al pianoforte. 

Nato a Londra nel 1959 da genitori italiani, Antonio Pappano studia pianoforte, composizione e direzione d’orchestra negli Stati Uniti. Fra le tappe più prestigiose della sua carriera sono da ricordare i debutti alla Staatsoper di Vienna nel 1993, al Metropolitan di New York nel 1997 e al Festival di Bayreuth nel 1999. Pappano ha diretto molte tra le maggiori orchestre del mondo, tra cui New York Philharmonic, Wiener Philharmoniker, Berliner Philharmoniker, Concertgebouw di Amsterdam, Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, London Symphony Orchestra. Dal 2005 è Direttore Musicale dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Javier Camarena è nato nel 1976 in Messico. Ha debuttato al Metropolitan Opera nell’ottobre 2011, ne Il Barbiere di Siviglia, nel ruolo del Conte Almaviva. Il 25 aprile 2014, è diventato il terzo cantante, nella storia del Metropolitan, ad eseguire un bis e il 12 marzo 2016, è diventato il secondo cantante ad eseguire bis multipli.