György Ligeti, Matthias Pintscher e Nina Šenk: le note di sala di Daniele Spini

György Ligeti, Matthias Pintscher e Nina Šenk: le note di sala di Daniele Spini

Giovedì 23 maggio 20.3o - Auditorium Rai di Torino, Matthias Pintscher

György Ligeti, Matthias Pintscher e Nina Šenk: le note di sala di Daniele Spini
György Ligeti
San Francisco Polyphony 

Per festeggiare i sessanta anni dalla sua fondazione l’Orchestra Sinfonica di San Francisco commissionò a György Ligeti questo lavoro, creato fra il 1973 e il 1974 ed eseguito per la prima volta l’8 gennaio 1975 sotto la direzione di Seiji Ozawa.
Nel catalogo di Ligeti San Francisco Polyphony rappresenta al tempo stesso un punto d’arrivo e un inizio
A costruire la sua identità storicamente più importante Ligeti aveva cominciato a cavallo fra gli anni Cinquanta e i Sessanta, quando, fuggito in Occidente dopo la repressione della rivoluzione ungherese del 1956 da parte dei sovietici, si era accostato alle avanguardie di allora lasciandosi alle spalle un passato comunque importante e personale di epigono di Béla Bartók. Da Apparitions del 1959 ad Atmosphères del 1961, Lontano del 1967 e Melodien del 1971, per rimanere nel campo della sola musica orchestrale, Ligeti elaborò la tecnica compositiva da lui stesso definita “micropolifonia”: un tessuto musicale molto denso, originato da canoni articolati in tempi e ritmi diversi, fino a creare in verticale per la sovrapposizione di linee melodiche, formule ritmiche e timbri, l’illusione di clusters nei quali il suono in sé risulta predominante. Dalla metà degli anni Sessanta questa polifonia, come spiegò Ligeti, divenne “più trasparente, più chiaramente definita e più snella e sottile”. Se “Atmosphères e Lontano sono pezzi statici”, in San Francisco Polyphony “ho lavorato su contrasti drammatici [...].
I miei quattro pezzi 'occidentali' per grande orchestra sono quindi molti diversi tra loro, e dichiarano la mia ricerca di soluzioni nuove, uniche ed estreme
Subito dopo, una svolta che avrebbe avvicinato Ligeti ad alcuni minimalisti, come Steve Reich e lo avrebbe portato a interessarsi a linguaggi diversi, e a uno stile più trasparente, in parte già annunciato in San Francisco Polyphony.

“Mentre componevo San Francisco Polyphony”, spiegò Ligeti non senza garbata ironia, “pensavo che fosse l’atmosfera di quella città a orientare il lavoro, o che quell’atmosfera almeno vi si riflettesse. Quando poi l’ho ascoltato, ho notato che era molto più viennese, che c’erano molte melodie espressive che ricordano Mahler e Berg. Forse la sezione conclusiva in tempo prestissimo, con la sua frenesia meccanicistica, evoca una grande città americana. Ma per piacere non interpretatela come musica a programma. Forse un connotato può funzionare come programma. San Francisco è una città molto nebbiosa.. all’inizio del lavoro c’è un cluster, che è riempito con le melodie più diverse, ma non potete sentirle poiché sono intrecciate come viti. Poi una alla volta, ciascuna idea melodica, ciascun motivo viene a galla, ma poi ricade nel vortice. Potrei dire che questo è il principio costruttivo generale del lavoro. È anche caratterizzante il fatto che le melodie che emergono passino da uno strumento all’altro, cambiando timbro”.


Matthias Pintscher
Chute d'etoiles, per due trombe e orchestra

Alla sua identità di pittore fra i massimi del nostro tempo, Anselm Kiefer nel 2007 destando un’eco molto vasta e prolungata in tutto il mondo dell’arte aggiunse quella di autore di installazioni grandiose, con la Chute d’étoiles creata in seguito a una commissione del Ministero della Cultura francese e alloggiata nel Grand Palais di Parigi. Sette “maisons” di calcestruzzo, contenenti grandi opere pittoriche, e tre sculture monumentali, una delle quali appunto lo Sternenfall che dava il titolo all’intera installazione, una torre alta diciassette metri e costituita da libri di piombo alternati a placche di vetro in equilibrio precario. Un’allegoria del momento cruciale dell’esplosione dell’universo e dell’origine del cosmo attuale.
Appunto alle Stelle cadenti di Kiefer, ma un po’ anche a tutta la sua opera, in qualche modo sintetizzata nell’installazione del 2007, vuol rendere omaggio il pezzo per due trombe soliste e orchestra composto da Matthias Pintscher nel 2012 su impulso delle Commissions Roche, collaborazione fra la nota multinazionale farmaceutica, il Festival di Lucerna e l’Accademia del Festival stesso; ed eseguito per la prima volta il 27 agosto 2012 appunto a Lucerna da Franz Welser-Möst con l’Orchestra di Cleveland, solisti Michael Sachs e Jack Sutte
La visione di Kiefer combina l’idea della deflagrazione dell'universo con quella della sua ricostruzione: “Siamo nati e non sappiamo perché”, ha spiegato. “Siamo nati con l’esplosione originaria. Consistiamo di elementi del cosmo. Così portiamo in noi l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo”. Da parte sua Pintscher, da sempre ammiratore di Kiefer, afferma:
Trovo incredibilmente affascinante il ‘suono’ del piombo nell’opera di Kiefer. Quale forza è catturata in questo materiale! È flessibile, malleabile, ma imprevedibilmente pesante. Trovo eccitante questo stato, con la sua combinazione di malleabilità e peso: e tento di rendere tutto questo udibile nella musica
Così per Chute d’étoiles è partito “dal suono e dell’aura dell’intera installazione: un momento di ispirazione che mi ha messo in grado di proseguire nella riflessione sulla forza dei suoni che avevo in precedenza sviluppato. Il materiale è rifuso, per così dire, in piombo: l’entrata delle trombe soliste è simile all’apertura delle due valve di un gigantesco strumento di piombo, che immette aria in una forma finemente cesellata e concisa”. Chiaramente l’intenzione di Pintscher non è quella di dar vita a una specie di musica a programma:
ispirato da una scultura, cerca di essere a sua volta una scultura nella quale il piombo di Kiefer in qualche modo si trasforma in suono; un’immagine plastica, anziché una narrazione; una visione dell’universo più immobile che non in divenire, dopo la catastrofe originaria che tutto ha distrutto per tutto ricreare
Aperta da un’esplosione violenta, la partitura prosegue poi con gli interventi solistici delle due trombe contro uno sfondo prevalentemente statico, interrotto qua e là da altre impennate dell’orchestra. I frammenti dell’esplosione poco a poco si ricompongono come guidati dalle esclamazioni delle due trombe.


Nina Šenk
Concerto for Orchestra

Nel 2004, ancora giovanissima, anzi mentre ancora studiava all’Università di Lubiana, Nina Šenk con il suo Concerto per violino n. 1 vinse il primo premio al festival Young Euro Classic di Berlino. Per un po’ di tempo mentre continuava un’attività compositiva molto intesa, ha proseguito gli studi in Slovenia e poi all’estero, completandoli sotto la guida di Matthias Pintscher alla Honchschule für Musik und Theater di Monaco. Fra le sue composizioni più importanti, presenti in grandi stagioni un po’ in tutto il mondo, e che l’hanno qualificata come una delle nuove figure più interessanti di oggi, le opere Marpurgi (2020) e Canvas (2022, premiata al concorso Johann Joseph Fux di Graz), un Concerto per flauto, il Concerto per violino n. 2 e molti lavori per strumenti solisti e orchestra, pagine sinfoniche e musiche da camera, fra le quali Movimento fluido per flauto contralto, violoncello e pianoforte, premiato nel 2008, al festival di Weimar, e Baca per nove strumenti, eseguito nel 2028 dai solisti dei Berliner ai Proms di Londra che l’avevano commissionato. Fra i molti altri riconoscimenti, la nomina all’Accademia Slovena di Scienze e arti, e diversi incarichi organizzativi nel campo della musica contemporanea. Nel 2024 ha ricevuto l’ambito premio viennese Erste Bank.
Il Concerto per orchestra, composto nel 2019, rappresenta al meglio l’inventiva estrosa e al tempo stesso poetica di Nina Šenk, è un lavoro di ampie dimensioni, articolato in cinque sezioni
Il concetto di Concerto implicito nel titolo si riflette in una partitura assai non meno movimentata che coerente sul piano stilistico, che sfrutta le possibilità di un’orchestra molto ricca facendone emergere continuamente episodi solistici spesso molto impegnativi anche sul piano del virtuosismo, e altri nei quali strumenti singoli e sezioni diverse dialogano fra loro:
un gioco ininterrotto e quanto mai estroso di timbri e proposte ritmiche, che vede succedersi momenti di estrema animazione ad altri più rarefatti e suggestivi
La prima esecuzione assoluta ha avuto luogo il 7 febbraio 2020 alla Herkulessaal di Monaco, con l’orchestra della Radio Bavarese diretta da Matthias Pintscher, al quale la partitura è dedicata.

Daniele Spini