Le note di sala del concerto n. 1 stagione 2025/2026

Le note di sala del concerto n. 1 stagione 2025/2026

9 e 10 ottobre 2025, Auditorium Rai Torino

Le note di sala del concerto n. 1 stagione 2025/2026
Gustav Mahler 
Sinfonia n. 3 in re minore per voce, 
coro femminile, coro di bambini ed orchestra

Mahler compose la sua Terza Sinfonia durante i mesi d'estate degli anni 1895 e 1896 a Steinbach, sull'Attersee. Eseguita dapprima parzialmente per singoli movimenti, essa vide la prima esecuzione integrale avvenuta per merito di Richard Strauss, a Krefeld, il 9 giugno 1902, sotto la bacchetta dell'autore, in occasione della festa dell'Allgemeine Deutsche Musikverein. Come già la Seconda Sinfonia (Resurrezione). completata nel 1894, anche la Terza, che con la precedente ha molti legami, mostra una concezione unitaria, sulla base di una meditazione filosofica e di un percorso psicologico che conducono l'autore a riflettere sulla condizione e sul destino dell'umanità e del mondo.

Avverso ad una concezione formalistica della sinfonia, e convinto che un'opera sinfonica dovesse comunque rinviare a contenuti extramusicali, Mahler concepisce la sinfonia come una mimesi dell'universo:
gli amalgami sonori non hanno tanto un valore di per se stessi, ma piuttosto rimandano a contenuti simbolici, che solo la musica, più che la limitata logica del linguaggio, può esprimere compiutamente
A questo scopo il compositore si avvale di una mirabile orchestrazione, di una timbrica continuamente variata, di un'armonia duttile e trascolorante (seppure guidata da razionale coerenza), di forme estremamente libere ed elastiche A questi criteri si attiene la Terza Sinfonia, che, come la Seconda, prevede anche l'intervento della voce umana (voce solista, coro femminile e coro di voci bianche), per declamare un brano da Così parlo Zarathustra di Nietzsche, e un Lied tratto da Des Knaben Wundernorn (Il corno magico del fanciullo), raccolta di canti popolari tedeschi, cui il compositore aveva già fatto ricorso per parte della sua produzione liederistica nonché per la sua Seconda Sinfonia.

Se quest'ultima si poneva il drammatico problema della morte e del suo superamento attraverso la speranza di una generale resurrezione, la Terza riflette sulla Natura (ivi compreso l'uomo) e sulla sua destinazione. In una lettera alla cantante wagneriana Anna von Mildenburg il compositore scrisse, a proposito della Terza
La mia sinfonia sarà qualcosa che il mondo non ha ancora udito. La natura parla qui dentro e racconta segreti tanto profondi che forse ci è dato di presentire solo nel sogno
Ma in un'altra lettera al musicologo praghese Richard Batka, Mahler ci chiarisce che cosa intende per Natura:
Quando la gente parla della natura, pensa ai fiori e agli uccellini... Nessuno conosce il dio Dioniso o il grande Pan... Per me la natura comprende tutto ciò che è grande e ad un tempo amabile...
E Quirino Principe, nella sua monografia mahleriana, avverte che Mahler nella Terza vuole esprimere «la persistenza del mistero nascosto nella natura... che non condanna né redime, ma inganna e tortura, tranne che in brevi momenti...» e sostiene che la Terza attraversa «zone alterne di luce e d'ombra, in un paesaggio estivo, ma nordico...».

L'opera è divisa in sei movimenti, per i quali l'autore aveva concepito inizialmente dei titoli, più volte modificati e poi ripudiati, ma intesi originariamente come guida alla comprensione dell'opera: 
I movimento Risveglio di Pan. Irrompe l'estate; II movimento Quel che mi raccontano i fiori di campo. Tempo di minuetto; III movimento: Quel che mi raccontano gli animali del bosco. Comodo. Scherzando; IV movimento: Quel che mi racconta la notte (poi l'Uomo). Solo di contralto su testo di Nietzsche; V movimento: Quel che mi raccontano le campane del mattino (poi gli angeli) Coro sul Lied Es sungen drei Engel; VI movimento Quel che mi racconta l'amore. Lento, pieno di pace.

Il primo, lunghissimo movimento, in re minore, che Mahler voleva separato dal resto con una lunga pausa, vuol essere un compendio di tutto ciò che esiste al mondo, e che si risveglia all'avvento dell'estate. Aperto dagli otto corni all'unisono, il brano è un coacervo di motivi frammentati, suddivisi in quattro gruppi tematici e obbedienti ad una struttura che ricorda liberamente quella sonatistica, con un'esposizione, un'inquieta sezione centrale di elaborazione tematica, e una ricapitolazione variata. Ancora Quirino Principe rileva nella pagina la descrizione di una natura mostruosa, che inganna e delude: nonostante le attese spasmodiche, mai nulla di ciò che è atteso succede, e la terzina delle trombe, che compare nel secondo gruppo tematico per poi avere una parte di primo piano nel resto del brano, e che conduce ad un lungo indugio sulla sensibile (la risoluzione sulla tonica avviene in ritardo e quasi nascostamente), appare il simbolo musicale di tutto ciò che è irrisolto. Accostamenti di figure drammatiche e di motivi infantili, di episodi bandistici e di amabili reminiscenze viennesi sono il segno di un allucinato realismo, che rammenta singolari esperienze giovanili mahleriane: vicino alla casa natale del compositore, in Boemia, vi era una guarnigione militare, e il giovane musicista sentiva più volte vivaci marcette che, ironia del destino, contrappuntavano luttuosi eventi nella sua famiglia. Da allora Mahler apprese dalla vita l'accostamento (che riproduce tante volte nella sua musica) fra il banale e il tragico, sintetizzati nella categoria del grottesco, moderno simbolo dell'incomprensibilità dell'esistenza. Armonie distorte, macabri glissandi discendenti, cataclismi sonori avvicinano questo movimento al primo della Seconda Sinfonia, e i temi di marcia che vi si odono, e che dovrebbero essere gioiosi, troppo spesso rinviano, come in quella, e poi in altre sinfonie mahleriane, ad una marcia funebre.

Il secondo, il terzo e il quarto movimento sono da considerarsi in una sorta di unità concettuale, così come lo saranno il quinto e il sesto sicché nella Sinfonia, come in molte di Mahler, viene a delinearsi una sorta di tripartizione. Tempo di Minuetto è definito il secondo movimento in la maggiore: una sorta di Blumenstück, di musica floreale, con un tema principale, esposto dall'oboe, a struttura circolare, che ha in sé qualcosa di incantato. Lo Scherzando, in do minore, che occupa il terzo posto rivela ancora una volta un rapporto strettissimo con l'analogo movimento della Seconda Sinfonia; come in quella era sfruttato il motivo di un Lied, la Predica di S. Antonio ai pesci, tratto da Des Knaben Wunderhorn, così anche qui Mahler si rifà al Lied Ablösung im Sommer (Cambio della guardia, d'estate), che appartiene alla medesima raccolta, e che il compositore aveva già musicato qualche anno prima nei Lieder und Gesänge aus der Jugendzeit; vi si tratta della favola del cuculo, che muore nel bel mezzo dell'estate, nell'indifferenza degli altri animali, i quali, pur avendo goduto del suo canto, non pensano ad altro che a cercargli un successore che possa divertirli: l'usignolo. Come sempre, nel simbolo della favola, gli animali rappresentano gli esseri umani e questo Scherzo, come già quello della Seconda, vuol essere una pessimistica espressione musicale della cieca agitazione dell'esistenza, una descrizione dell'apparentemente insensato avvicendarsi degli eventi, ivi compreso quello della morte, sentito come unica possibilità di metamorfosi, in un universo che, per oscuro impulso, distrugge di volta in volta le creature che vi transitano. Il richiamo a Schopenhauer (e a tutto il pensiero wagneriano che ne deriva) è evidente. Figure onomatopeiche dei fiati riproducono un cinguettare vacuo e crudele in una sorta di moto perpetuo basato su due gruppi tematici. Ma al centro del movimento, al posto del Trio, ecco un notissimo intermezzo, in cui si evoca, come in lontananza, il suono del posthorn (corno da postiglione). Il fascino di questo episodio riposa sull'effetto indicibilmente nostalgico del suono del corno, che ricrea davanti all'ascoltatore il "piccolo mondo antico" del Settecento e del primo Ottocento, l'epoca delle diligenze: un mondo ancora a misura d'uomo, un paradiso perduto cui invano guarda il moderno "viandante" che si avventura in una vita vorticosa ed inconcludente. La pace della natura, alla quale tende vanamente l'uomo romantico, rappresentata dal posthorn, cui rispondono in un estatico gioco di risonanze (a sua volta forse simbolo di una comunicazione in altri tempi possibile) gli altri corni, viene più volte minacciata dall'orchestra; il sogno tenta di risorgere finché un'ultima risposta dei violini, che sembra anticipare lo struggente addio alla vita della Nona Sinfonia, non prelude al suo definitivo congedo, e al ritorno dell'estenuante tumulto esistenziale. Il quarto tempo, in re maggiore, propone, per la verità una forma un po' ieratica ed oracolare, il "Canto di mezzanotte" da Così parlò Zarathustra di Nietzsche: una meditazione sulla condizione dell'uomo, immerso nel dolore, e pure teso verso la gioia che "vuole eternità".

Nel quinto movimento, in fa maggiore, il contralto solo, il coro femminile e un coro di bambini intonano il Lied Es sungen drei Engel (Tre angeli cantavano), tratto dai WunderhornLieder: ancora una dimostrazione di quanto l'elemento popolare ed infantile del Wunderhorn abbia permeato il mondo poetico mahleriano (da questa raccolta doveva anche essere tratto l'ultimo Lied della Sinfonia, Das himmlische Leben, La vita celeste, concepito per un settimo movimento e poi collocato invece nella Quarta Sinfonia). Il Lied, che narra del pentimento di Pietro e del perdono di Dio, dovrebbe preparare al clima del sesto movimento: si apre con onomatopee delle voci bianche ("bimm bamm") che invitano il suono delle campane e contiene evidenti reminiscenze del Parsifal wagneriano, l'opera ispirata al misticismo cristiano che aveva determinato la rottura umana e artistica fra Wagner e Nietzsche. Ma proprio l'infantile "bimm bamm" che si fa sempre più forte e che si estende anche al coro femminile finisce con l'avere in sé qualche cosa d'inquietante, quasi evocazione di un destino tragico che incombe su tutti, anche e soprattutto sui fanciulli (come non pensare ai Kindertotenlieder, i Canti dei bambini morti, che Mahler comporrà qualche anno più tardi.
Soltanto con lo svanire dell'ambiguo scampanio l'opera si schiude finalmente ad esprimere la condizione dell'amore, divino più che terreno: o meglio, come ebbe a dire Mahler, il senso del divino, nella misura in cui Dio è concepito come amore
È una delle prime volte, nella storia della musica, in cui una sinfonia si conclude con un Adagio (prima di Mahler forse si può ricordare solo la Patetica di Čajkovskij): evento che si ripeterà con la Nona Sinfonia. La tonalità di re maggiore, conformemente al significato psicologico che governa la successione tonale dei tempi di una sinfonia mahleriana (tonalità "progrediente" o "evolutiva"), chiude con un ideale approdo gioioso un cammino che si era aperto in modo minore. Il tema principale è dedotto dal Lento assai dell'ultimo quartetto beethoveniano, l’op 135; ma ciò che là era breve ed estatico spunto diviene qui l'inizio di una vasta distesa sonora, che coinvolge dapprima gli archi e poi via via l'intera orchestra in un crescendo di solennità, che sfocia nella grandiosa conclusiva epifania dei timpani (di grande effetto anche visivo): punto in cui la concezione spaziale tipica della musica mahleriana tocca un culmine. I fautori di un Mahler terrestre, panico e tragico si affannano a notare in quest'Adagio, celeberrimo, una sorta di trionfalismo un po' troppo autocompiaciuto, che allontanerebbe l'autore dalle fonti più "autentiche e genuine" della sua ispirazione.
In realtà il pathos di quest'ultimo movimento ci sembra derivare dal fatto che esso esprime non tanto una gioia saldamente posseduta, ma piuttosto un'aspirazione alla gioia, capace di idealizzare la materia, fino a raggiungere quel sentimento di assolutezza e di eternità che il "Canto di mezzanotte" di Nietzsche aveva prefigurato

Giulia Giachin
(dagli archivi Rai - programma di sala del 25 maggio 1999)




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