Risorse naturali e sviluppo

Risorse naturali e sviluppo

Il quarto appuntamento di "Preparasi al futuro. Dialoghi sulla sostenibilità"

Risorse naturali e sviluppo

Arriva il quarto appuntamento di Prepararsi al futuro. Dialoghi sulla sostenibilità, il ciclo di incontri a cura di Piero Angela e Piero Bianucci, realizzato da Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, Politecnico di Torino e Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte. Questa volta i protagonisti saranno Piero Angela con "Accelerazione della tecnologia e nuovi lavori" e Nicola Armaroli con "Ambiente, clima, energia: tre facce di un problema"  in diretta sul sito della Fondazione Scuola il 14 gennaio dalle 15 alle 17.

Il pianeta Terra è un sistema chiuso, con l’eccezione dell’energia solare in ingresso e in buona parte restituita allo spazio. A parte questa eccezione, le risorse naturali sono quindi limitate e lo sviluppo, per tenere conto di questo limite, deve essere sostenibile, cioè, in sostanza, procedere con l’usufrutto delle risorse, non con il loro consumo. Il motore dello sviluppo è sempre stato la tecnologia, a sua volta generata dalla conoscenza, una conoscenza inizialmente intuitiva e fondata su esperienze tramandate per tradizione, poi solidamente costruita applicando il metodo scientifico. 

Il passaggio dalle tribù che vivevano di caccia e raccolta alla società agricola sorta circa diecimila anni fa, è segnato da tecnologie che oggi ci sembrano elementari ma che nella loro epoca furono rivoluzionarie: nuovi sistemi di aratura della terra, selezione di specie vegetali più produttive, allevamento di animali da lavoro e da carne, conservazione e trasformazione dei prodotti d’allevamento, a cominciare dal latte. Il metodo scientifico inteso in senso moderno si afferma a partire dal Seicento, cioè poco più di quattro secoli fa. Da allora la conoscenza e il conseguente sviluppo tecnologico ed economico non hanno fatto che accelerare. 

La disponibilità di energia è stata decisiva per lo sviluppo. Grazie alle prime macchine mosse dalla forza idraulica e dal carbone, è nata la prima rivoluzione industriale, che a sua volta ha generato cambiamenti economici e sociali sempre più rapidi. L’energia elettrica e poi il petrolio caratterizzano la seconda rivoluzione industriale. La terza ha visto la produzione di massa, le catene di montaggio, nuove forme di energia, la comparsa dei computer. Ora siamo in un’era definita post-industriale contraddistinta dalla cultura digitale e dalla produzione di beni immateriali: in realtà stiamo vivendo una quarta rivoluzione industriale caratterizzata dalla globalizzazione, dalla rete di Internet e dalla presa di coscienza dei problemi ambientali, che a loro volta stimolano un nuovo modello di sviluppo e spingono verso forme di energia rinnovabili.  Nell’ultimo secolo l’accelerazione della conoscenza e del cambiamento tecnologico e sociale è stata vertiginosa. La stessa parola “scienziato” è recente. Ancora all’inizio dell’Ottocento praticavano la ricerca poche centinaia di persone illuminate, chiamate “filosofi naturali”. Oggi nel mondo lavorano oltre dieci milioni di scienziati, spesso definiti più umilmente “ricercatori” e la loro produzione è sterminata: quasi tre milioni di pubblicazioni scientifiche nel 2018 (quelle italiane rappresentano il 4 per cento). Si calcola che nove decimi di ciò che sappiamo sia stato scoperto nell’ultimo secolo. Nello stesso periodo il Pil mondiale si è moltiplicato per 20.

Con il procedere dello sviluppo tecnologico, centinaia di mestieri sono scomparsi, altrettanti sono nati e nasceranno, in un avvicendamento sempre più veloce. 

Oggi, più che imparare un mestiere, occorre “imparare a imparare”, perché nell’arco di una vita professionale saremo chiamati a cambiare più volte il nostro lavoro ed è necessario adattarsi continuamente a situazioni nuove. Con la rivoluzione informatica e l’Intelligenza Artificiale diminuiranno i posti di basso e medio livello, che nella fase di transizione solo in parte saranno sostituiti da lavori a livello più alto. Mobilità e flessibilità caratterizzeranno le occupazioni di domani. 

Rimane cruciale il problema dell’energia. All’inizio del Novecento nell’atmosfera terrestre c’erano circa 300 parti per milione di anidride carbonica, oggi sono 410. L’anidride carbonica, in gran parte prodotta dall’uso di combustibili fossili (carbone, petrolio, metano), è responsabile di metà dell’effetto serra di origine antropica, e quindi dell’impennata del riscaldamento globale riscontrata negli ultimi decenni.

I sistemi energetici hanno una grande inerzia. Tuttora l’umanità dipende all’85% dai fossili. Le fonti rinnovabili però sono in rapida ascesa. Uno scenario della British Petroleum prevede che intorno al 2040 le rinnovabili saranno la prima fonte di energia elettrica nel mondo. Quanto all’Italia, ad oggi (ottobre 2019) ha 800.000 impianti fotovoltaici in esercizio per una potenza installata di 22.000 MW e una produzione complessiva di 26,8 TWh (dato di Solar Power Network, la multinazionale canadese che organizza le strategie energetiche di decarbonizzazione delle aziende). 

L'energia elettrica non immessa nella rete ma utilizzata nel luogo di produzione è pari al 22% della produzione complessiva degli impianti fotovoltaici, con una crescita annuale del 2,5% (stime di Solar Power Network).
Lo sfruttamento di shale gas e shale oil negli ultimi anni ha dato nuovo vigore alle fonti fossili. E’ aperto il dibattito sull’estrazione di petrolio nelle regioni polari. Il nucleare da fissione non è del tutto tramontato. Continua la ricerca sulla fusione nucleare. Come si svolgerà la transizione energetica dalle fonti fossili alle rinnovabili?