Alpi 2020: la quarta tappa

Est del Monte Rosa, la parete himalayana delle Alpi

8-9 agosto Macugnaga – Joderhorn
E’ la prima volta che vedo la parete est del Monte Rosa dal vivo, ma non immaginavo che fosse così imponente. Di grandi montagne ne ho viste e fotografate tante durante le mie spedizioni in Himalaya e in Karakorum, ma ora capisco perché la est del Rosa viene considerata la “parete himalayana” delle Alpi. Non a caso, infatti, proprio su questo versante vennero ad allenarsi Walter Bonatti e i suo compagni prima di partire per la spedizione al K2 del 1954.
Da questa grande parete scendono enormi flussi di ghiaccio che confluiscono in un'unica lingua glaciale, il Belvedere, uno dei ghiacciai più affascinanti dell’intero arco alpino.

La prima salita in programma prevede di raggiungere Passo Moro per la ricerca dei punti di ripresa usati dal grande fotografo Vittorio Sella per alcuni suoi celebri scatti del 1895. Personalmente sono rimasto sempre affascinato dalla sequenza panoramica realizzata dal fotografo biellese dalla vetta dello Joderhorn (3034 metri), un’elevazione raggiungibile da Passo Moro in circa 40 minuti per una via intuitiva, anche se non proprio agevole.

La mattina dell’8 agosto, insieme a Riccardo, Marco, Dario e Federico, prendiamo la prima funivia per essere in vetta il prima possibile, ma raggiunta la sommità cominciamo a vedere innalzarsi dal fondo valle alcuni cumuli di umidità che coprono velocemente ampie zone della parete. Decido quindi di rimandare gli scatti al giorno successivo e chiamo il rifugio Oberto-Maroli per fissare un pernotto ed essere sul posto l’indomani mattina presto. Nel frattempo ci raggiungono Alberto Cina, Paolo Maschio e Marco Fronteddu - ricercatori del DIATI del Politecnico di Torino - per georeferenziare con precisione il punto nodale della mia fotocamera: questo accorgimento sarà necessario per utilizzare le fotografie che realizzerò per sviluppare un modello 3D del ghiacciaio e confrontarlo con il modello che verrà creato utilizzando le fotografie storiche di Vittorio Sella.

Il giorno successivo con Dario ci svegliamo molto presto per essere sulla cima dello Joderhorn alle prime luci dell’alba. Dopo aver realizzato alcuni scatti notturni fuori dal rifugio raggiungiamo con le frontali la vetta, da cui si apre uno spettacolo unico al mondo: la parete più grande delle Alpi illuminata dai primi raggi solari si tinge di rosa-arancione, lasciandoci estasiati.
Dopo aver scattato alcune immagini in digitale monto la fotocamera Linhof grande formato, utilizzando il cavalletto che avevo lasciato montato sulla vetta il giorno precedente. L’obiettivo è realizzare 4 scatti su lastra che comporranno la fotografia panoramica a 180 gradi realizzata da Vittorio Sella nel 1895 della valle di Macugnaga e del ghiacciaio del Belvedere.
Anche oggi il meteo mostra qualche segnale di peggioramento con i primi cumuli che cominciano a formarsi in fondo valle. Decido quindi di scattare un po' prima dell’orario che avevo previsto: anche se le ombre non avranno esattamente la stessa forma della fotografia storica, preferisco non rischiare che la parete si veli di nuvole come ieri. Il risultato mi riempie di gioia: abbiamo ripetuto una delle immagini storiche più belle del Monte Rosa! All’entusiasmo del risultato si affianca presto, tuttavia, l’amara consapevolezza che anche qui i cambiamenti climatici causati dagli essere umani hanno modificato drasticamente il paesaggio montano.
 
10-11 agosto Macugnaga – ghiacciaio Belvedere
Oggi siamo saliti sul ghiacciaio Belvedere, lo stesso che abbiamo fotografato nei giorni scorsi dalla vetta dello Joderhorn, per cercare il punto da cui fratelli Wehrli avevano scattato una fotografia del ghiacciaio in prossimità del lago delle Locce.
Arrivati nella zona in cui il ghiacciaio si divide in due lobi, il sentiero guadagna la sommità della morena, regalando una vista spettacolare sulla conca glaciale e sulla parete est del Monte Rosa.
Il sentiero prosegue attraversando il ghiacciaio e passando da una morena all’altra siamo costretti a scendere di diverse decine di metri. Questo ghiacciaio, infatti, soprattutto negli ultimi 20 anni, ha subito delle profonde modificazioni e solo nel 2002 aveva un aspetto completamente diverso: il ghiaccio riempiva completamente le morene, arrivando addirittura - per uno straordinario effetto di trasferimento di massa verso valle - a superare l’altezza delle morene storiche. Adesso, invece, si è assottigliato al punto tale che per raggiungere la superficie glaciale in alcuni tratti è necessario scendere per quasi cento metri di quota.

Arrivati sulla cresta più alta della morena, nelle prossimità di una piccola cappella, troviamo il punto da cui Wehrli aveva scattato l’immagine che ho in programma di ripetere. Anche in questa occasione, grazie al confronto fra l’immagine storica e quella attuale, potremo testimoniare l’enorme cambiamento che ha interessato il ghiacciaio. E’ infatti evidente come l’intero anfiteatro sotto la est del Rosa sia pesantemente collassato e i ghiacciai pensili che scendono lungo la parete siano ormai completamente separati dal bacino glaciale del Belvedere.
Realizzato lo scatto, lavoriamo con i ricercatori Alberto Cina, Paolo Maschio e Marco Fronteddu del Politecnico di Torino, impegnati nella realizzazione di immagini con il laser-scanner che, insieme alle nostre immagini su pellicola ad alta risoluzione, consentiranno di creare un modello tridimensionale del ghiacciaio.

Curiosi di cercare il punto di ripresa di un’altra splendida immagine realizzata qualche centinaio di metri più un alto, proseguiamo lungo la cresta della morena, gravemente compromessa dalle frane dovute al ritiro del ghiacciaio. Dobbiamo però desistere dal tentativo a causa di un temporale che velocemente rabbuia il cielo. Fortuna che alle prime gocce d’acqua troviamo una grande roccia strapiombante che ci fa da tetto! Tetto, appunto, le cui fessure sono marchiate da vecchi chiodi da progressione in artificiale. E mentre mangiamo i nostri panini ci piace sognare che su quei chiodi arrugginiti dal tempo un giovane Bonatti si sia allenato per la spedizione al K2.

Ripariamo al rifugio Zamboni dove troviamo i ricercatori che saggiamente non ci avevano seguito nel nostro secondo tentativo. Un rapido caffè e poi la discesa insieme verso il rifugio Belvedere dove incontriamo gli amici e grandi esperti del ghiacciaio del Belvedere Gianni Mortara e Andrea Tamburini. E’ allo stesso tempo avvincente e triste sentire la competenza e la passione con cui ci raccontano delle loro montagne e di come le hanno viste divenire sempre più sofferenti negli ultimi anni…

A fine giornata è il momento dei saluti: Gianni e Andrea che ci hanno raggiunto al Belvedere, Paolo e Alberto del Politecnico che ci hanno accompagnato fin dai primi giorni della spedizione e che rivedremo forse a metà settembre sul ghiacciaio del Calderone. Un po’ di commozione, qualche battuta, i saluti schietti e sinceri di chi è abituato alle maniere vere della montagna e si è ritrovato in queste vallate per il comune desiderio di provare a difenderle.