Lo studio dello tsunami

Alessandro Amato

Ottomila anni fa una colossale frana di 35 chilometri cubici di materiale lavico, circa un decimo del cono sommitale dell’Etna, si staccò dal fianco orientale del vulcano e si inabissò nel Mare Ionio, causando uno tsunami a confronto del quale quello del 2004 nel Sudest asiatico impallidisce. Probabilmente il più grande tsunami dalla comparsa dell'uomo sulla Terra.

Durante i dieci minuti che la frana impiegò a fermarsi sui fondali dello Ionio, si sollevò in mare una muraglia di acqua a forma di anfiteatro alta fino a 50 metri. Poi l’ondata, viaggiando a velocità fra i 200 e i 700 km all’ora (più lenta nei fondali bassi e più veloce nel mare profondo), si propagò a Est, investendo, in rapida successione, gran parte dell coste del Mediterraneo.

Come si studiano gli tsunami? Si parte sempre dai grandi terremoti. Ogni tsunami lascia tracce e diventa materiale di studio attraverso sistemi di simulazioni, archiviazione, rilevamenti geologici. Sentiamo il geologo e vulcanologo dell'Istituto di Geologia e Vulcanologia di Roma, Alessandro Amato.