Il professor Domenico Conte, intervistato a Napoli nella sede della Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti, affronta il tema Fine del mondo / Inizio del mondo, in due lezioni. La prima, dedicata allo storico delle religioni, etnologo e antropologo Ernesto de Martino, intitolata Ernesto de Martino e le apocalissi e la seconda, dedicata al filosofo e psichiatra tedesco Karl Jaspers, dal tiolo Crisi ed equipaggiamento per il futuro.
Nel maggio del 1964, a pochi mesi dalla morte prematura, Ernesto De Martino prendeva parte a un convegno su «Il mondo di domani», presentando una relazione dal titolo provocatorio: «Il problema della fine del mondo», nella quale affermava che il mondo, che è un mondo umano, non dovrebbe finire, ma che esso tuttavia può finire, e proprio per colpa dell’uomo: «L’umana civiltà può autoannientarsi, perdere il senso dei valori intersoggettivi della vita umana, e impiegare le stesse potenze del dominio tecnico della natura secondo una modalità che è priva di senso per eccellenza, cioè per annientare la stessa possibilità della cultura». La tecnica umana può distruggere il mondo dell’uomo. Si tratta precisamente della stessa problematica del coevo libro di Karl Jaspers La bomba atomica e il destino dell’uomo. Jaspers si rivolge al profetismo ebraico e alla prima apocalittica cristiana: «Della rovina totale parlarono gli antichi Profeti. Verrà il “giorno di Jeova”, in cui tutto verrà distrutto. Della fine del mondo parlarono i primi Cristiani come di cosa immediatamente sovrastante». Si tratta di riferimenti tenuti ben presenti da Ernesto De Martino nelle pagine della Fine del mondo dedicate all’apocalittica del cristianesimo, radicata nell’ebraismo.