Francesco Coco. In nome della legge

Diario Civile

L’8 giugno del 1976, le Brigate Rosse uccidono a Genova il magistrato Francesco Coco.

Con lui, muoiono anche i due uomini della scorta, Giovanni Saponara e Antioco Deiana

È la prima vittima eccellente, il primo attacco al cuore dello stato delle BR, che per la prima volta decidono di uccidere con premeditazione. Rai Cultura ricorda il magistrato con il documentario Francesco Coco. In nome della legge, di Massimo Favia, con un’introduzione dell'allora Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, per il ciclo
Diario Civile. 

Che cosa accade quel giorno? E cosa rappresenta Francesco Coco? Perché la scelta delle BR cade proprio sul Procuratore Generale di Genova? Il racconto segue una doppia linea narrativa: da una parte la vita e la carriera del magistrato sardo, dall’altra l’evoluzione che porta le Brigate Rosse a uccidere un rappresentante dello Stato, segnando di fatto il passaggio dalla propaganda alla lotta armata.

Per Coco la legge è l'unico riferimento al quale l'uomo si possa confrontare. È un dogma, quasi una religione alla quale affida il credo di tutta la sua vita.

Nato in Sardegna nel 1908 Coco si laurea in giurisprudenza ed inizia da subito una brillante carriera prima come Pretore e poi come Sostituto Procuratore, prima a Nuoro e poi a Cagliari. La sua battaglia contro il banditismo sardo ha fatto storia. Una trentina di ergastoli tutti con la sua firma. Chi va contro la legge va punito severamente e senza sconti di genere o caso. Nel 1960 viene nominato procuratore della Repubblica a Genova dove rimane fino al 1972.

Dopo essersi occupato delle indagini sulla morte del Giudice Pietro Scaglione a Palermo viene nominato Procuratore Generale. Dopo una parentesi di due anni a Cagliari torna a Genova dove ad accoglierlo c’è un clima totalmente diverso da quello che aveva lasciato. I pretori della sua procura lo considerano un reazionario che insabbia le inchieste; l’opinione pubblica non è da meno: boia dei capitalisti, fascista, servo del potere. Coco diventa un bersaglio pubblico.

Nel 1974 viene rapito Mario Sossi, suo collega e amico. È il punto di non ritorno della vita di Coco. Le Brigate Rosse chiedono un riscatto per la liberazione del magistrato genovese. La Corte d'Assise di Genova deve scarcerare gli otto detenuti del gruppo XXII ottobre, messi alla sbarra da Sossi qualche anno prima. Dopo giorni di tensione la Corte accetta il ricatto delle BR, ma Coco non ci sta.

Impugna la sentenza e ricorre in Cassazione. Richiesta accolta. Sossi è libero e i detenuti rimangono in carcere. Per i brigatisti da quel momento Coco è un morto che cammina.

Due anni dopo viene barbaramente ucciso insieme alla sua scorta. Nel documentario intervengono: Nicola Marvulli, collega di Coco ed ex Presidente della Corte di Cassazione; Ettore Angioni, magistrato, amico e collega di Coco a Cagliari; il figlio Massimo Coco; lo storico Giovanni Mario Ceci; i giornalisti Giovanni Bianconi, Andrea Ferro e Luciano Garibaldi; la sociologa Donatella Della Porta; Gian Carlo Caselli, ex magistrato, giudice istruttore a Torino nelle prime indagini sulle BR, al processo al nucleo storico delle Brigate Rosse e per le indagini sul caso Coco; e Alessandro Orsini, sociologo, docente e direttore del centro per lo studio sul terrorismo a Tor vergata. Legge i comunicati delle BR l’attore Andrea Bosca.