Il sequestro Moro

L'inizio di una tragedia

La sera del 15 marzo ’78 Aldo Moro ha fatto tardi. Si è trattenuto, nel suo studio di via Savoia a Roma, fino alle due del mattino a parlare con i suoi più stretti collaboratori. Domani si vota la fiducia al governo Andreotti. Un monocolore DC. Ma stavolta è diverso; c’è l’appoggio esterno del PCI.

16 marzo 1978. La giornata di Antonio Spiriticchio comincia presto, come al solito. Fa il fioraio in via Fani, ma stavolta non può andare al lavoro. Qualcuno gli ha tagliato tutte e quattro le gomme del furgone. Vandali, pensa; ma la cosa è più grave.

Anche per Aldo Moro la giornata comincia presto, come tutte le altre, con la messa al mattino; e poi di corsa in macchina verso la Camera dei deputati. Come al solito con i suoi cinque uomini di scorta. Come al solito senza l’auto blindata. Come al solito con la borsa piena di appunti, tra i quali probabilmente, anche una lista di nomi appartenenti a una loggia massonica chiamata P2.

Il tempo di dare un’occhiata ai giornali. Moro è in prima pagina per lo scandalo Lockheed. Stavolta è lui il sospettato di essere “Antelope Cobbler”, il nome in codice dell’uomo che avrebbe intascato le bustarelle della società aereospaziale statunitense. Prima è stato il turno di Leone e poi di Rumor. Sembra che i giornali sparino alla cieca, nel mucchio, sperando di pescare il vero colpevole. All’angolo di via Fani invece, c’è chi spara con la massima precisione.

I cinque agenti della scorta muoiono. Moro no. Viene catturato per essere processato.

Un processo lungo 55 giorni.

In questo filmato della RAI, l'edizione straordinaria del Tg, con il rapido susseguirsi delle notizie, e le prime reazioni della politica