Tre angoli reggono la casa
100 anni di Storie
Durante la Grande Guerra la Carnia, al confine tra il Regno d'Italia e l'allora Impero austro-ungarico divenne inevitabilmente una delle zone strategiche del conflitto, in quanto anello di congiunzione tra la quarta armata del Candore e la seconda dell’Isonzo. Le donne di quella terra, dove erano collocati ben 31 battaglioni di cui 16 alpini, erano solite indossare, per l'estrema povertà delle zone, la gerla di casa.
Allo scoppio del conflitto tra l'agosto del 1915 e l'ottobre del 1917, quella stessa gerla divenne il simbolo della salvezza. Poco prima la cesta veniva caricata di granturco, di legna, di fieno e tutto ciò che poteva servire ai lavori domestici, adesso invece era carica di granate, cartucce, viveri e altro materiale. Ogni giorno all’alba, presso i depositi a fondo valle le donne si incamminavano per ore, per sentieri impervi, in salita d’inverno, con la neve fino alle ginocchia, per raggiungere i soldati sulle vette delle alpi: erano le portatrici carniche. Spesso si caricavano anche più di 40 chili, e al ritorno trasportavano biancheria sporca o barelle con feriti e talvolta anche cadaveri.
La Carnia, era un territorio strategico per l’Austria, era la porta principale per invadere l’Italia, una regione di vie impraticabili che si poteva raggiungere solo a piedi. Per questo quando il comando logistico italiano di zona chiese aiuto ai civili, le donne risposero e si offrirono volontarie. Quello delle portatrici carniche fu un corpo di 1000 ausiliarie fra i quindici e i sessanta anni che in quegli anni terribili diedero supporto a quasi 12000 soldati. Per ogni viaggio una lira e 50 centesimi e tanto coraggio.