Un'ambulanza al fronte

I diari e le memorie degli ambulanzieri

Presentiamo qui uno Speciale che racconta la straordinaria storia dell’American Field Service. Il servizio volontario di ambulanze nato alcuni mesi dopo lo scoppio del primo conflitto mondiale. Un’organizzazione creata dagli americani per aiutare la Francia. Un’avventura iniziata a bordo di ambulanze guidate da giovani volontari, in un’Europa travolta dalla Grande Guerra.

La mente dell’organizzazione è Abram Piatt Andrew, professore di economia a Harvard, che nel dicembre del 1914 s’imbarca per la Francia, che così scriveva:

E’ la possibilità di avere una parte sia pur infinitesimale in uno dei più grandi eventi della storia; di essere di qualche aiuto in una situazione di grave emergenza; di poter essere testimone di avvenimenti tra i più gravi e importanti e, soprattutto di dare il mio piccolo poco per la Francia

Nel marzo del 1915 Andrew diventa Ispettore Generale del Servizio sul Campo dell’Ospedale Americano e stipula un accordo con il Generale Joseph Doumenc, direttore del “Services automobiles” dell’esercito francese. Per la prima volta nella storia un’organizzazione di soccorso di un Paese neutrale opera al fronte in stretta collaborazione con un esercito belligerante. Da quel momento le ambulanze americane sono inviate lungo tutto il fronte occidentale: in Alsazia, nella Lorena, nelle Fiandre.

L’ambulanza è una Ford Modello T trasformata in vettura di soccorso con al posto dei sedili un pianale di legno che può trasportare fino a sei feriti seduti o tre barelle per i casi più gravi. La chiamano Tin Lizzie, Lucertola di Latta. Perché è agile e scattante come una lucertola. È facile da guidare, consuma poco e quando finisce nel fango o in una buca si tira fuori in un baleno, perché è leggera, è di “latta”.  

Ricorda Francesco Tissoni, dell’Università degli studi di Milano:

Un altro nomignolo carino della ford t era la “capra” perché i francesi rimasti stupiti dall’abilità delle ford t che s’inerpicavano nei sentieri montuosi dell’Alsazia le avevano affettuosamente ribattezzate appunto così: le capre!


Attraverso le lettere, i diari e le memorie degli ambulanzieri una storia di coraggio e grandi ideali dell'organizzazione che opera ancora oggi e nota in Italia con il nome di Intercultura. 

Il fatto che la persona che ti stava seduta vicino sull’ambulanza potesse essere improvvisamente colpita da un colpo di mitraglia e morire di fianco mentre tu continuavi a guidare, ecco questi episodi sono raccontati con estrema semplicità ma ci danno anche l’idea della crudezza dell’esperienza” commenta  Roberto Ruffino, Segretario Generale Intercultura.