La Primavera di Praga

Le coraggiose riforme di Alexander Dubcek

Sono le 23 del 20 agosto del 1968. Le truppe corazzate sovietiche varcano la frontiera cecoslovacca. Puntano su Praga. Contingenti polacchi, tedeschi orientali, ungheresi e bulgari prendono parte all’invasione”.  Comincia così il Servizio Speciale del Telegiornale che vi proponiamo, dedicato alla Primavera di Praga, realizzato a un anno di distanza dall’invasione.
La dinamica è la medesima già avvenuta in altri casi: a Budapest, in Polonia, a Berlino e ora a Praga. L’agenzia ufficiale di informazione dell’URSS, la Tass, dichiara che le truppe del Patto di Varsavia sono state chiamate dal governo cecoslovacco, per riportare il socialismo al potere e porre termine alla controrivoluzione. In Cecoslovacchia, dal 5 gennaio 1968, è in carica un governo presieduto dal riformista Alexander Dubcek. Nei mesi precedenti l’invasione, è stato portato avanti un programma di moderate riforme che si fonda sul decentramento economico e politico, sulla rinascita dei sindacati, e sulla libertà di stampa. Il timore sovietico è che l’esempio della Cecoslovacchia si diffonda in tutta l’Europa Orientale. Anche sul piano delle alleanze internazionali, la Cecoslovacchia desta preoccupazione. Ha accentuato la sua posizione autonoma, avvicinandosi alla Jugoslavia di Tito e alla Romania di Nicolae Ceausescu, due governi che, se pure comunisti, non rientrano nella rigida ortodossia sovietica.

Sono le 23 del 20 agosto del 1968. Le truppe corazzate sovietiche varcano la frontiera cecoslovacca. Puntano su Praga. Contingenti polacchi, tedeschi orientali, ungheresi e bulgari prendono parte all’invasione

Le truppe sovietiche avanzano nella notte senza incontrare alcuna resistenza. Il governo praghese invita la popolazione e l’esercito a non opporre alcuna resistenza. All’alba il primo ministro Dubcek e i ministri del governo vengono arrestati. Dal punto di vista militare l’invasione riesce perfettamente, ma i Sovietici si rendono presto conto che sono privi di qualunque copertura politica, e non riescono a dar vita a un governo collaborazionista. La popolazione di Praga scende in strada per protestare contro l’invasione e per spiegare ai soldati sovietici cosa stia realmente accadendo. Il paese si ferma in uno spontaneo sciopero generale. L’atto di forza sovietico si presenta sempre più come un mero atto di violenza e sopraffazione della sovranità nazionale cecoslovacca. Il mondo comunista internazionale, dai cinesi agli jugoslavi ai partiti comunisti del mondo occidentale, protestano per l’invasione. Dopo un periodo di detenzione Dubcek viene liberato. In cambio è costretto ad accettare la presenza di truppe straniere sul suolo cecoslovacco. Ma non basta. Lentamente uno a uno, i dirigenti del governo riformatore sono costretti a lasciare le leve di comando. Saranno sostituiti da una nuova leadership che accetterà la dottrina della sovranità limitata formulata dal premier sovietico Breznev, che nel novembre del ’68 dichiara: “Quando le forze che sono ostili al socialismo cercano di portare lo sviluppo di alcuni paesi socialisti verso il capitalismo, questo non diventa solo un problema del paese coinvolto, ma un problema comune e una preoccupazione per tutti i paesi socialisti.” Una forma di neocolonialismo con la quale l’URSS si riservava di intervenire militarmente in ogni paese del patto di Varsavia.