Salute e alimentazione

Il vino "sofisticato" degli anni '60

Con il boom economico si scatena una verna e propria corsa alla spesa alimentare, per i produttori la sfida diventa portare sulla tavola degli italiani alimenti a prezzi sempre più competitivi. I progressi chimici vanno di pari passo e questo comporta migliorie produttive, ma anche sofisticazioni alimentari. Che non risparmiano il mondo vinicolo.  

Dal 1962, anno della creazione dell’OCM (organizzazione comune dei mercati), il mercato del vino è andato evolvendosi in maniera sempre più veloce. Già alla fine degli anni ’60 il consumo di vino pro-capite è aumentato di molto: 124 litri in Francia e 108 litri in Italia, ben al di sopra della media mondiale (7,2 litri).

Per seguire la crescita produttiva e per ovviare ad annate poco felici o a malattie delle viti particolarmente aggressive, negli anni ‘60 e ’70 (ma anche in minor misura ’80) si è fatto un uso di sostanze chimiche (arsenico, allume di rocca, gomma arabica) o di trucchi non leciti per conferire al prodotto particolari caratteristiche riguardo il grado alcolico, la struttura e l’aroma.

Il più grave scandalo nel settore del vino risale a poco più di trent’anni fa, al 1986, quando in Italia muoiono 23 persone e ne rimangono intossicate centinaia a causa della presenza di metanolo nel vino.

Si scopre infatti che per aumentare la gradazione alcolica del vino viene usato il metanolo o l’alcool metilico, notevolmente tossico.

 

Per aumentare la gradazione alcolica si usa anche arricchire il vino di zuccheri aggiunti, soprattutto nelle aree meno vocate o esposte a climi più freddi che spesso non presentano la gradazione alcolica minima per essere immessi in commercio. In Italia non si può aggiungere zucchero dal 1965, ma è ammesso il ricorso (straordinario) a mosto concentrato rettificato che arricchisce di zuccheri il mosto.

A causa dei numerosi scandali alimentari, ma soprattutto alla nascente cultura salutista in voga negli anni ‘80, la richiesta da parte del mercato di vino subisce una brusca frenata e così la produzione. Proprio nel momento più critico per il vino italiano, si gettano però le basi per una fase completamente nuova, quella che ha portato ad un vero e proprio boom del settore. Non si parla più di quantità ma di qualità. Gli anni ‘90 infatti possono essere considerati come l’epoca d’oro del vino italiano.

È in questi anni che nascono migliaia di nuove aziende, ma soprattutto di etichette premium, realizzate con progetti di vigna e cantina innovativi, dove è la qualità a dettare legge.