La guerra di Libia

La guerra di Libia

Le cause del conflitto

La guerra di Libia
Il 28 settembre del 1911 l'ambasciatore italiano a Istanbul consegna nelle mani del governo Ottomano un ultimatum con il quale si chiede alle truppe musulmane di non opporsi all’ingresso dell’esercito italiano in terra libica. Il governo Turco è accusato di ostacolare gli interessi commerciali italiani in Tripolitania e Cirenaica. Le due zone, insieme alla regione più interna del Fezzan, formano l’attuale Libia.
Il termine della risposta è di sole ventiquattro ore. Più che un ultimatum è una dichiarazione di guerra.
A nulla infatti serve l’estremo tentativo Turco, di impegnarsi a garantire le prerogative commerciali italiane.
L’Italia vuole la guerra e l’ottiene.
Già il 17 settembre Giovanni Giolitti, capo del governo, ha superato ogni indugio e comunicato al re Vittorio Emanuele, che la guerra è questioni di giorni.

Il 5 ottobre del 1911, una squadra navale italiana attacca il porto di Tripoli. Dopo un violento bombardamento, le truppe occupano la città. Uguale sorte tocca al porto di Tobruch. E’l’inizio della guerra, che terminerà ufficialmente col il Trattato di Losanna del 18 ottobre 1912.

Il Trattato non prevede la sovranità piena ed intera del Regno d’Italia (come proclamato solennemente dal governo) bensì la sola amministrazione civile e militare su un territorio che giuridicamente continua a fare parte dell’impero Ottomano.
Il trattato prevede inoltre il ritiro delle truppe italiane dalle isole del Dodecaneso; la disposizione non verrà mai attuata.
 
Perché l’Italia volle a tutti costi scatenare il conflitto? E perché il primo Ministro Giolitti, che ha sempre rifiutato la radicalizzazione di qualunque scontro, in questa circostanza si dimostra così deciso nel fare ricorso alla guerra?
Sono almeno tre le ragioni che spingono l’Italia a entrare nel conflitto.
Il desiderio dell’Italia di guadagnare una centralità nel contesto internazionale. Il paese aveva ricevuto uno smacco (il così detto “schiaffo di Tunisi”) quando sul finire dell’800 la Francia con un'azione di forza, aveva stabilito un protettorato sulla Tunisia, soppiantando i radicato interessi commerciali  italiani.
A seguito dell'occupazione francese gli Inglesi occupano l’Egitto. Per evitare di rimanere tagliati  fuori dal controllo del Mediterraneo, che nel frattempo grazie all’apertura del canale di Suez nel 1869, ha riacquistato una centralità commerciale, all’Italia non resta che occupare la Libia.
Da tempo, inoltre, l’Italia ha forti gli interessi commerciali e finanziari in terra libica .
E’ soprattutto la Banca Romana  ad essersi con prestiti e finanziamenti, spingendo poi l’intero circuito bancario a premere sul governo affinché garantisca gli investimenti italiani.
Da ultimo, nel paese è forte la voglia di riscattare la terribile sconfitta di Adua del 1896.
E’ in particolare questo ultimo elemento a scatenare nel pase un'ondata nazionalista . Numerosi sono gli intellettuali che si schierano a favore dell’intervento militare. Da Tommaso Marinetti, a Matilde Serao, da Gabriele d’Annunzio a Giovanni Pascoli.
Quest’ultimo il 26 novembre del 1911, a margine di una iniziativa a sostegno dei feriti del conflitto, proclama il suo famoso discorso, “La grande proletaria si è mossa

Ma la grande Proletaria ha trovato luogo per loro (i proletari ndr.): una vasta regione bagnata dal nostro mare, verso la quale guardano, come sentinelle avanzate, piccole isole nostre; verso la quale si protende impaziente la nostra isola grande; una vasta regione che già per opera dei nostri progenitori fu abbondevole d’acque e di messi, e verdeggiante d’alberi e giardini; e ora, da un pezzo, per l’inerzia di popolazioni nomadi e neghittose, è per gran parte un deserto.
(…)
A questa terra, così indegnamente sottratta al mondo, noi siamo vicini; ci fummo già; vi lasciammo segni che nemmeno i Berberi, i Beduini e i Turchi riuscirono a cancellare; segni della nostra umanità e civiltà, segni che noi appunto non siamo Berberi, Beduini e Turchi. Ci torniamo. In faccia a noi questo è un nostro diritto, in cospetto a voi era ed è un dovere nostro
.”

La speranza italiane di trovare un possibile sbocco ai molti disoccupati che affollano il paese, si rivelerà del tutto illusoria. La Libia non diventerà mai un nuovo eden pieno “d’acque e di messi”.
La puntata di Passato e Presente che vi presentiamo, ricostruisce non solo il periodo della guerra italo turca, ma anche le successive vicende legate alla resistenza libica, alla colonizzazione del periodo fascista, fino alla definitiva  sconfitta nel corso della Seconda Guerra Mondiale, quando le truppe dell’Asse saranno sbaragliate da quelle angloamericane guidate dal generale Montgomery.