Enrico IV

Uno spettacolo di Franco Branciaroli

Franco Branciaroli dirige se stesso nel pirandelliano Enrico IV, vittima non solo della follia ma dell'impossibilità di adeguarsi a una realtà che non gli corrisponde.

 Enrico IV – Franco Branciaroli, dopo i  successi ottenuti con Servo di scenaIl Teatrante e Don Chisciotte, continua la sua indagine sui grandi personaggi del teatro portando sulla scena l’Enrico IV, dramma in tre atti di Luigi Pirandello, scritto nel 1921 e rappresentato per la prima volta il 24 febbraio 1922 al Teatro Manzoni di Milano. Considerato il capolavoro teatrale di Pirandello insieme a Sei personaggi in cerca di autore, Enrico IV è uno studio sul significato della pazzia e sul tema caro all’autore del rapporto, complesso e alla fine inestricabile, tra personaggio e uomo, finzione e verità.

In una lettera che Pirandello scrive a Ruggero Ruggeri – uno degli attori più noti dell’epoca – il drammaturgo agrigentino, dopo avergli raccontato la trama, conclude dicendogli che vede in lui il solo attore in grado d’interpretare e dare corpo e anima al ruolo del titolo. Scrive infatti:

 “Circa vent’anni addietro, alcuni giovani signori e signore dell’aristocrazia pensarono di fare per loro diletto, in tempo di carnevale, una “cavalcata in costume” in una villa patrizia: ciascuno di quei signori s’era scelto un personaggio storico, re o principe, da figurare con la sua dama accanto, regina o principessa, sul cavallo bardato secondo i costumi dell’epoca. Uno di questi signori s’era scelto il personaggio di Enrico IV; e per rappresentarlo il meglio possibile, s’era dato la pena e il tormento d’uno studio intensissimo, minuzioso e preciso, che lo aveva per circa un mese ossessionato. (…) Senza falsa modestia, l’argomento mi pare degno di Lei e della potenza della Sua arte.”
Luigi Pirandello



Il personaggio di Enrico IV, del quale magistralmente non ci viene mai svelato il vero nome, quasi a fissarlo nella sua identità fittizia, è descritto minuziosamente da Pirandello. Enrico è vittima non solo della follia, prima vera poi cosciente, ma dell’impossibilità di adeguarsi ad una realtà che non gli si confà più, stritolato nel modo di intendere la vita di chi gli sta intorno e finisce dunque per  scegliere  di ‘interpretare’ il ruolo fisso del pazzo.