Elisa Menon, Guance bianche e rosse

Due ragazzi travolti dalla Storia e l'eccidio di Porzûs

Un libro che nasce sull'onda di un bisogno di raccontare, scritto con grande misura ed equilibrio, senza giudicare. Forse è per questo che il lettore empatizza facilmente con Gino, partigiano e nonno dell' autrice, ed Elda, accusata di collaborazionismo, due ventenni che si trovano a vivere, su fronti opposti, una storia piú grande di loro e i cui destini si incontrano durante l'eccidio di Porzûs del febbraio 1945. Stiamo parlando dell'esordio, per Einaudi, di Elisa Menon, attrice, regista e operatrice teatrale nelle carceri e con gli anziani, che con il  suo Guance bianche e rosse, menzione speciale della giuria del Premio Italo Calvino 2024, tocca corde profonde.

È il febbraio del 1945 e la guerra sta finendo. Un battaglione di partigiani garibaldini guidati da Mario Toffanin, detto Giacca, sale alle malghe di Porzûs, sulle prime colline del Friuli. Lì c’è il Comando delle Brigate Est dell’Osoppo, altra formazione partigiana, ma di orientamento non comunista, guidata da Francesco De Gregori, detto Bolla, zio del celebre cantautore. I garibaldini disarmano il comandante De Gregori e lo giustiziano. Insieme a lui uccidono anche il delegato politico Gastone Valente, un giovane partigiano che tenta la fuga e una ragazza indicata da Radio Londra come spia al soldo dei nazisti. Si chiama Elda Turchetti. Poi fanno prigionieri altri quattordici osovani, tra cui Guido Pasolini, fratello dello scrittore Pier Paolo. Saranno tutti uccisi nei giorni seguenti. L’evento è ricordato come "l’eccidio di Porzûs", uno degli episodi piú controversi della storia della Resistenza italiana. Ma se molto si sa su quegli uomini, la storia ha quasi cancellato le tracce della vita di Elda Turchetti. A puntare una luce su di lei, e sui fatti che la videro protagonista, è Elisa Menon con questo romanzo d’esordio che si inserisce in un modo tutto suo nel filone della letteratura sulla Resistenza partigiana. Elda è una ragazza determinata a vivere la propria gioventú, nonostante il mondo sia immerso nella sua ora piú cupa. Lavora al cotonificio di Udine, ma la paga è bassa e il cotone, per via della guerra, non sempre arriva. E così accetta il lavoro che le viene proposto da un amico di famiglia: in cambio di un ottimo stipendio mensile dovrà essere "un’ascoltatrice di popolo". È un patto faustiano. Vitalismo, ingenuità, calcolo: quale che sia il motivo che la spinge ad accettare l’offerta, Elda finirà per pagare tutto. Ma Elisa Menon racconta anche la storia di Gino detto Lula, diciotto anni, occhi lucenti e fossette, l’uomo che diventerà suo nonno. Gino è uno dei partigiani garibaldini che, insieme ad altri giovani come lui, ha ricevuto l’ordine di salire alle malghe. Elda e Gino sono due facce della stessa medaglia. Sono entrambi indifesi e allo stesso tempo colpevoli, entrambi ingranaggi di un meccanismo che non concede appelli. 

Elda rivede il gerarca che le si avvicina, che le offre il palmo. Lei che appoggia la mano. Avverte di nuovo quella piccola stretta e si sente mancare. Ora la vergogna va a riempirle il viso che si colora di rosso, mentre la paura le prende il muscolo nel petto e impone le sue morse che fanno vertigine. Abbassa la testa, butta gli occhi nella conca delle sue mani, quelle mani dove credeva di poter tenere tutto, e le trova vuote. Elda guance bianche e rosse. Elda mani sottili. 
 


Elisa Menon vive a Gorizia. Nel 2010 ha fondato Fierascena, compagnia di teatro sociale. Attualmente lavora come attrice, regista e operatrice teatrale nelle carceri e con gli anziani. Guance bianche e rosse (Einaudi 2025), testo nato da un progetto di valorizzazione della memoria storica del confine orientale, ha ricevuto nel 2024 la menzione speciale della giuria del Premio Italo Calvino.