Albe di un nuovo sentire

Albe di un nuovo sentire

L'esperienza estetica in un saggio di Raffaele Milani

Albe di un nuovo sentire
Varcare la soglia di un mondo quasi totalmente virtualizzato per riappropiarci dell'arte di vedere e di sentire, rimettendo al centro la sensibilità e la fantasia creatrice. Raffaele Milani, docente di Estetica all'Università di Bologna e direttore del Laboratorio di ricerca sulle città, con il suo nuovo saggio Albe di un nuovo sentire, la condizione neocontemplativa (ed. il Mulino, 2020) individua le linee guida, necessarie, per recuperare una perduta condizione contemplativa, fonte dell'esperienza estetica.
Con l'autore ripercorriamo alcuni passaggi del saggio che sorvola tremila anni di storia dell'arte.

Punto di partenza delle sue riflessioni è la constatazione di come lo sviluppo della realtà simulata abbia reso sterile la nostra facoltà immaginativa e abbia contribuito a determinare "l'agonia della contemplazione". Abbiamo perso le immagini prodotte dal sogno... 

L'opera è sotto il segno di Polimnia che non ama dire il proprio nome e che, raccolta nelle sue vesti, così si pronuncia : “Taccio, mi esprimo soltanto con il palmo della mano che incanta il cuore: con il gesto parla il mio eloquente silenzio”. Polimnia, tonalità della mania filosofica, emana una luce solitaria e malinconica alla mente degli artisti e dei poeti per ispirarli e infiammarli con immagini sapienti. Polimnia, musa della danza e del canto sacro, sa, vede tutto in un solo sguardo. Il sogno vede l’armonia e l’armonia il sogno. Il principio che li contiene entrambi è l’arte della contemplazione, la capacità suprema di passare il visibile per raggiungere le immagini consce e inconsce della rappresentazione.

La condizione (mentale) della contemplazione è il perdurare di uno stato di meraviglia rintracciabile all'origine della nostra civiltà del vedere e del sentire. Una visionarietà comunque ben estesa, dagli affreschi di Cnosso all'antico Egitto, dalle immagini della natura della Villa di Livia ai ritratti di Leonardo e Raffaello, dallo sguardo di Van Gogh a Rousseau il doganiere fino a quello di Bill Viola e Wim Wenders. Contemplare è un vivere tra le arti della rappresentazione, un dono della mente, un'esperienza dello straordinario nell'ordinario, come insegnano Giorgio Colli e Karl Jaspers.




Alla base di questo processo c'è l'equivoco che la mimesi, una delle possibili visioni del mondo, sia stata considerata e percepita come unica finalità della creazione artistica?

In questo saggio si ripercorre la storia del significato del contemplare, dell'imitare, del rappresentare, dai Greci fino al Novecento. Una lunga storia che la simulazione tecnica e la realtà artificiale hanno mostruosamente alterato adottando finzioni e infingimenti al posto delle verità del sentire e del vivere. Nel Novecento queste tecniche hanno preso il sopravvento. Questo è il punto. Lo spirito del contemplare vive dove nascono le parole, nella magia dell'incanto del mondo. Aspetti del post-moderno e dell'esito ultimo del modernismo hanno tradito questa lontana memoria collettiva, l'hanno sostituita con surrogati mescolandosi alle nuove tecniche. Questo fatto ha spinto la coscienza ad allontanarsi e a diventare estranea a un processo naturale del meravigliarsi che dava forme vive al mondo.

Nella nozione di mimesi c'è un'ambiguità latente che la banalità della rete ha fatto scoppiare: i media infatti hanno posto la mimesi sotto un unico arco: l'inganno. Non è più dunque un gioco del percepire e del conoscere, come è avvenuto nel corso dei tempi, ma una strategia del dominare. Si vuole la morte del sogno, vale a dire la morte del simbolico. Penso mi possiate capire se vi dico che porto sempre con me Il sogno del cavaliere di Raffaello. 


Le arti visive del Novecento, in Occidente, si sono distinte per l'uso della provocazione, dello shock visivo, tuttavia esiste anche una linea parallela che ha saputo salvaguardare  quell'attitudine contemplativa alla base di un'autentica esperienza estetica attingendo all'antichità. E come si può ritrovare ancora la progettualità dell'antico? In quali forme e visioni si può incarnare?

Certamente, è l'altra parte del Novecento, minoritaria, cui si vuole fare riferimento, con esempi dalla letteratura alla pittura, dall'architettura alla musica, dal teatro al cinema. Vengono citate tante opere in questa direzione. C'è un risorgere dell'antico, dei suoi esempi, nel solco del principio di formatività, Penso a Pareyson e ad Assunto, ma penso anche a Settis e ad altri. Questa la direzione che trova nel mito e nella filosofia greca la matrice. La progettualità dell'antico viene da una rilettura del loro pensiero, dal ricorso necessario alle vie della bellezza e della grazia, fino a osar dire: "antichità come futuro. Siamo ormai da più di un secolo in un'epoca d'incertezza, ma se esalto l'incertezza come stato d'animo, non c'è posto per la quiete della contemplazione.



Opere come gli affreschi nel palazzo di Cnosso datati al XVI sec.a. C. o quelli romani della Villa di Livia, artisti come Corot o Henri Rousseau, sono testimonianze, attraverso millenni diversi, di quanto sia irrinunciabile la dimensione del naturale. E' ancora possibile riafferrare quel vincolo originario, carico di miti e simboli, nell'arte del terzo millennio?

Natura e sogno, contemplazione e rappresentazione sono i luoghi eletti delle arti di questo secolo e di questo Millennio. E' importante capire come questi concetti si muovano, ma anche capire ciò che sta dietro di essi: un patrimonio di sensibilità proteso alla visione estatica. La natura è unita alla coscienza del contemplare. Per questa ragione non possiamo rinunciare a batterci per il mantenimento del clima e delle condizioni ecologiche, come di un buon abitare. Architettura e natura, paesaggio naturale e paesaggio urbano sono i punti di riferimento di un'azione degli abitanti di tante parti del mondo che vogliono migliorarlo. Milioni di persone agiscono per restituirne bellezza e bontà secondo atti di grande responsabilità collettiva e individuale. Giardini e orti, partecipazione a progetti di nuovi quartieri verdi, giardini verticali ecc. In questa luce sono un lettore di tanti architetti e sociologi, ma anche di Gaia di Latour, del Veliero sul tetto di Rumiz, della Cura dello sguardo di Arminio. 



L'orizzonte aperto sull'antico e sulla natura riconduce al concetto di armonia che lei esplora nel suo sviluppo storico, in conclusione del saggio. Esistono modelli eterni di armonia? E in che rapporto è con l'arte della contemplazione?

Come si diceva all'inizio, Polimnia insegna che armonia e contemplazione stanno insieme.

Di fronte al Kitsch generalizzato e alla realtà virtuale, è l'unica strada che possiamo percorrere: portare armonia, seminare la grazia nel campo dell'arte come più volte è apparso nel corso della storia, inseguire percorsi di bellezza. Non esistono modelli eterni, ma relativi, anche se i motivi dell'armonia appaiono duraturi. Posso partire dall'ascolto di Wagner,  del Preludio del Parsifal, dalla Danza degli spiriti beati di Gluck per arrivare a Messiaen o a Ligeti o ad  Arvo Part.

Ma sempre, dall'antichità a oggi, che ci vede ancora figli di Jean-Jacques Rousseau, di fronte alle bellezze della natura entro cui siamo avvolti, possiamo dire con il filosofo ginevrino:
" Un contemplatore ha l'anima tanto più sensibile quanto più si abbandona all'estasi che quell'armonia eccita in lui".



Raffaele Milani, Albe di un nuovo sentire. La condizione neocontemplativa (il Mulino)

In copertina: H. Rousseau Il sogno, 1910 New york, MoMA (Alamy)
Foto nell'articolo:
Uccello blu, affresco dal Palazzo di Cnosso, XVI secolo a.C., Heraklion, Museo Archeologico
Igor Mitoraj, Hypnos, 2004, Venezia Galleria d'Arte Contini 
Jean-Baptiste-Camille Corot, Ricordo di Mortefontaine, particolare, 1864, Parigi, Museo del Louvre
Henri Rousseau il Doganiere, Surprise!, particolare, 1891, Londra, National Gallery

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